Adriano - racconti e altro

Croazione

In principio era un enorme vuoto, che colmava ogni spazio da un lato all’altro: una tabula rasa, in attesa di una mano che si mettesse al lavoro, per riempirla. Poi arrivò il Creatore, si pulì le scarpe sullo zerbino e accese i riflettori. La vista non lo entusiasmò. Un lavoraccio, ecco cosa vedeva. Ne avrebbe avuto per giorni e giorni, in una sfilza monotona e interminabile di fu sera e fu mattina.

Il Creatore sorrise. Giorni e giorni di lavoro? Ma anche no. Quello era come le cose funzionavano ai vecchi tempi, ma i vecchi tempi erano, per l’appunto, vecchi, ed erano soprattutto passato. E lui non era uno di quei creatori ammuffiti, attaccati come cozze alla tradizione. Dunque, avrebbe usato il suo solito trucco: avrebbe lasciata per ultima la creazione del tempo, così l’intero lavoro sarebbe durato un attimo. Anzi, neanche! Come possono esserci attimi, senza tempo? Non possono, dunque la creazione sarebbe stata uno schiocco di dita. Bella pensata, la sua.

Posò la borsa degli attrezzi, si puntò le mani sui fianchi smunti, inarcò la schiena all’indietro e si concesse un grugnito soddisfatto allo scrocchiare delle vertebre. Da dove cominciare, adesso? Ma certo! Dalle basi, ragazzo, si comincia sempre dalle basi, come ogni Creatore sa bene. Non era il suo primo mondo, no di certo, e con le sue referenze non sarebbe stato l’ultimo. Poteva però essere il migliore, forse. O almeno l’idea era quella. Era sempre quella, l’idea, ma poi trovava qualcosa che non lo soddisfaceva e così il potenziale capolavoro perdeva il capo e restava lavoro. Il Creatore scrollò le spalle. Stavolta sarebbe andata meglio. Fischiettando, aprì la borsa e si mise all’opera.

Per prima cosa creò cielo e terra, che erano la parte più semplice: il cielo va sopra, la terra sotto, e in mezzo ci infili tutto quello che vuoi. Facile, no? Poi aggiunse le acque, che erano fondamentali, se si voleva che nel mondo potesse vivere qualcosa. Dimentica quelle e vedrai che le tue creature non camperanno a lungo e non camperanno bene. C’erano Creatori dilettanti che le dimenticavano: era un disastro, poi, ripulire quel macello. Siccome aveva anche studiato un poco il meccanismo, una parte delle acque la sistemò nella terra e un’altra nel cielo, dopo essersi assicurato che rimanesse lì. A volte precipitava subito e non era così che doveva andare.

E la base era sistemata, almeno a grandi linee. L’aspetto non era dei migliori, lo doveva ammettere, ma questi nuovi mondi avevano incorporato un meccanismo per regolarsi da soli, e si riordinavano fino a trovare la posizione più comoda. Tutto automatico, eh! Se terra e mare non erano disposti a dovere, avrebbero raggiunto da soli la distribuzione ottimale, spostandosi come preferivano: era il progresso ed era un gran bel risparmio di fatica, nell’insieme. E nessuno si faceva male, perché si muovevano piano piano.

Il Creatore frugò un poco nella borsa degli attrezzi e ne estrasse il necessario per la seconda fase. Dopo cielo e terra, passò così a creare la vita, o almeno quello che poteva passare come vita, da un certo punto di vista. Creatori del passato avrebbero dovuto modellare le piante a una a una, i fiori a uno a uno, gli animali a uno a uno, per poi sistemarli nella posizione più adatta, per farli crescere e moltiplicare. Ma vi immaginate la rottura di scatole?

Vecchiume, appunto! Un Creatore moderno aveva sistemi più semplici, più efficaci e più veloci per risolvere tutto. Estrasse così un pugno di dadi dal sacchetto e li lasciò cadere nel mare, ancora caldo dalla creazione: presto si sarebbero sciolti, producendo il brodo primordiale, e da lì tutto il resto sarebbe uscito, un poco alla volta. Bastava una mescolatina all’inizio, giusto per dare il la, e poi il lavoro era fatto. Che si arrangi da sola, la vita, se davvero vuole vivere!

Guardandosi attorno, il Creatore sentiva di aver dimenticato qualcosa. Ma cosa? Si grattò la testa, aggrottando la fronte nello sforzo del pensiero. Cielo, terra, acqua, vita... Giusto! Aveva acceso i riflettori, per lavorare meglio, ma il nuovo mondo era ancora al buio. Il brodo non poteva stare al buio, non per molto. Ci voleva qualcosa che lo scaldasse, lo illuminasse, e tutto il resto in -asse. E lui lo aveva. Sorridendo soddisfatto, il Creatore aggiunse una manciata di lampadine: una grossa per il giorno, molte piccole per la notte. Giorno e notte, ben distinti e separati! La vita avrebbe poi trovato un modo per utilizzare al meglio entrambe le fasi, ma quelli erano problemi della vita, non suoi. Il suo compito era un altro, ben più divertente.

Il sorriso del Creatore si allargò. Era il suo momento preferito, in ogni lavoro: quello che suonava più epico, più serio, più tutto. Scrocchiandosi le dita, assunse una posizione grave, seria e un poco maestosa, come si addiceva alle circostanze e al suo ruolo. Un accompagnamento di percussioni, a ritmo via via crescente, sarebbe stato perfetto, ma aveva dimenticato l’impianto stereo e così doveva accontentarsi di immaginarlo. Pazienza. Chiuse gli occhi, solenne, alzò le dita e digitò il comando, senza bisogno di guardare, tanto lo conosceva bene. E poi, guardare avrebbe rovinato l’atmosfera e un Creatore senza stile è solo bassa manovalanza. «Sia la lyce!» compose, in uno svolazzo di mani. E la lyce fu.

Sorridendo, il Creatore fece qualche passo indietro, a contemplare meglio la propria opera. La terra era a posto, il cielo era a posto, l’acqua era a posto, distribuita in parte in basso e in parte in alto, il brodo primordiale si distendeva che era un piacere, le regole di base erano state inserite, gli oggetti precipitavano secondo la gravità o come cavolo si chiamava, i corpi in movimento erano rallentati dalla resistenza dell’aria, in cielo il sole splendeva (con un sfumatura curiosa, diversa dal solito, ma affascinante), la notte era buia ma non troppo, eccetera eccetera.

Tutto come da copione, sì. Poteva sentirsi soddisfatto. Con uno schiocco di dita, aggiunse infine il tempo, a completare e mettere in moto tutto quanto: ciò che fino ad allora era stato un quadro fisso, inerte e un poco noioso, cominciò a cambiare e scorrere, con un ritmo gradevole. Giorno, notte, giorno, notte: l’eterno tic tac dell’esistenza, come amava definirlo lui

Una minuscola crepa alla volta, la terra cominciava il lungo processo che l’avrebbe portata a fendersi e dividersi in blocchi, i quali poi sarebbero scivolati attraverso i mari, a formare continenti, come da copione. Nel mare, invece, il brodo bolliva beato, sotto i raggi del sole: col tempo, avrebbe prodotto a propria volta chissà quante e quali forme di vita, per popolare quel mondo. Si, lo poteva ammettere: aveva fatto un buon lavoro. Come premio, si concesse una birra e un panino al salame, ricordo della sua creazione precedente.

C’era qualcosa di stonato, forse, ma non avrebbe saputo dire cosa, di preciso. Era una sensazione, qualcosa che prudeva appena oltre il raggio delle sue dita. Il cielo? No, non il cielo. Il sole? Mah, no, sembrava a posto: diverso rispetto al solito, ok, ma funzionava, no? Quindi andava tutto bene. Ci voleva pure un poco di originalità nella vita, dopotutto. Ma allora cosa era a dargli quel senso di sbagliato?

Oh beh, si arrangerà, scrollò le spalle il Creatore, asciugandosi la bocca col dorso della mano libera. Tutto si sarebbe aggiustato da solo, adesso che esisteva il tempo. Si aggiustavano sempre da soli, i nuovi mondi, con un poco di pazienza. D’accordo, non sempre in modo indolore, almeno per chi vi viveva, ma quello era appunto un problema di chi vi viveva. E poi lui era un Creatore esperto, con innumerevoli mondi nel curriculum, e nessuno che fosse stato un disastro. Non c’era alcun motivo per preoccuparsi, giusto? Giusto!

Con un ultimo sguardo al suo prodotto finale, il Creatore ripose i vari strumenti nella borsa degli attrezzi, la chiuse, la scosse un poco a distribuirne meglio il peso e aggiungere quel pizzico di caos, che faceva sempre comodo, e infine se la caricò di nuovo in spalla. Era pronto per un nuovo mondo, una nuova perla da aggiungere all’impeccabile collezione. A passi lenti ma soddisfatti, il Creatore si allontanò fischiettando. Di quel refuso, che era scivolato nella sua creazione, non si accorse mai. E se anche se ne fosse accorto? Era soltanto una sbavatura, una cacca di mosca, la più insignificante delle virgole nel suo grandioso affresco. Che male poteva fare?

Così, mentre i raggi del sole irroravano di nutrimento il brodo primordiale, da cui la vita sarebbe emersa, lo irradiavano anche di errore, con quella lyce che era sfuggita al Creatore e che, adesso, si infondeva in ogni cosa, fedele al progetto originario. E il suo difetto in essa contenuto si replicava in ogni creatura nutrita dai suoi raggi, in ogni forma, in ogni tempo. Cresceva e si moltiplicava. Cresceva e si moltiplicava. Cresceva e si moltiplicava.

di Adriano Marchetti