Adriano - racconti e altro

Da Crono a Zeus

Eravamo rimasti a Crono, giovane ribelle, che ottenne il potere castrando il proprio padre Urano: un metodo di successione che non è probabilmente contemplato nella maggior parte dei manuali su questo tema, ma che presenta una sua indubbia efficacia.

A operazione conclusa, e dopo aver gettato in mare i pezzi rimossi (operazione da cui nacquero altre divinità, come Afrodite, ma non chiediamoci come), che non avrebbero fatto una bella impressione sul caminetto del soggiorno, Crono procedette liberando i propri fratelli, fino ad allora compressi dentro la madre dal peso paterno. O almeno, liberò quelli di aspetto migliore, che poteva presentare in pubblico: i ciclopi e quei tre aborti pieni di mani e teste, invece, li lasciò dove erano, fingendo di non averli notati. Quando hai molto da fare e nessuno ad aiutarti, è facile trascurare qualcosa. Per dimostrare poi di avere bene appreso la lezione paterna, proseguì la tradizione di famiglia e si scelse come moglie (o come facente funzione di, non esistendo ancora tutte le formalità burocratiche legate ai matrimoni attuali) una delle sue sorelle, Rea. Certe cose, evidentemente, devono restare tra le mura domestiche.

Dopo aver preso e consolidato il potere, dunque, anche Crono si lasciò deviare dalla naturale e forse congenita tendenza a sbiellare, comprensibile per chi è prodotto di un incesto e ha subito un trauma più o meno grave in tenera età. A differenza del padre-fratello Urano, che amava segregare i figli in cantina e abusare selvaggiamente di loro, quando rientrava stanco dal lavoro, Crono preferì lasciarsi guidare dai propri appetiti e, avvertendo un leggero languorino, li ingoiò a mano a mano che Rea li sfornava, forse in segno di protesta contro le discutibili abilità culinarie della moglie. È anche possibile che, in realtà, li mangiasse perché sapeva che uno di loro sarebbe stato più potente del padre e lo avrebbe preso a calci nel deretano, come Crono stesso aveva fatto con Urano; in questo caso, mangiarli vivi si sarebbe ben presto dimostrato un pessimo modo per disinnescarla, ma in fondo è una caratteristica che accomuna tutte le persone alle prese con una profezia sfavorevole. Perché utilizzare metodi efficaci per risolvere un problema, quando puoi agire sommariamente e lasciare che il destino ti colpisca sul cranio?

La sequenza di parto-con-buffet proseguì per un certo tempo, fino a che Rea non perse del tutto la pazienza, di fronte a questo spregio per la propria cucina. Come succede a molte donne, corse a lamentarsi con la mamma, che nel suo caso era anche nonna e suocera, e già che c’era ne parlò anche col padre-fratello-suocero (le parentele possono farsi alquanto complesse, in una famiglia fondata sull’incesto seriale): Urano e Gea, che sappiamo essersi riconciliati dopo la castrazione del primo voluta dalla seconda. Dopo una breve discussione, si decise così di fare un amabile scherzetto a Crono e scambiare il successivo figlio di Rea con una pietra, confidando che Crono, in qualità di incesto ambulante e non proprio materiale da Nobel, non avesse il quoziente intellettivo sufficiente per accorgersi della differenza. Avevano ragione.

I nonni (e altri gradi di parentela) portarono così Rea in vacanza a Creta, per farla partorire in una grotta dotata di tutti i comfort ritenuti necessari (cioè nessuno, neppure uno straccio di bovino, che divinità più fortunate avrebbero invece trovato). Una volta nato il marmocchio, lo misero da parte e consegnarono invece alla neo-mamma una bella pietra, infagottata alla meglio, e ordinarono a Rea di presentare quel pacchetto al neo-papà, spacciandolo per il figlio. Crono si confermò così troppo stupido, per notare la differenza tra un sasso e un neonato, e inghiottì la pietra tutto soddisfatto: oltre al cervello, è dunque probabile che pure le sue papille gustative fossero fuori uso fin dalla nascita, ma non divaghiamo. Il neonato sostituito dalla pietra era Zeus.

Salvato dalla ingordigia paterna, il piccolo Zeus si ritrovò alle prese con altri problemi, non ultimo dei quali il fatto di essere un neonato, che madre e padre non potevano per ovvie ragioni allevare, ma almeno si trovava in villeggiatura in una calda isola greca. Siccome crescita ed educazione del piccolo erano nodi importanti da risolvere, i nonni vi dedicarono tutta la sconfinata saggezza di cui disponevano, decidendo così che il nipotino avrebbe ricevuto la migliore delle educazioni possibili, nella tradizione di una famiglia psicotica: lo affidarono a una capra, in mezzo alle montagne di Creta. Non è difficile immaginare quali possano essere stati i risultati e quale fantastica infanzia possa aver trascorso il piccolo Zeus, con un genitore adottivo dalle pupille rettangolari, ma le storie tacciono misericordiosamente su questi dettagli: sappiamo solo che, una volta cresciuto, Zeus decise di ripagare la capra, scuoiandola e utilizzandone la pelle come decorazione per il proprio scudo.

Uomo fatto e presumibilmente maleodorante, Zeus passò così a compiere la propria vendetta e ad avverare la profezia: dopo aver abbandonato le montagne, Zeus provvide a piallare vigorosamente il deretano paterno, facendogli sputare a uno a uno tutti i fratelli e le sorelle ingoiati vivi e che, in apparenza, non erano ancora stati digeriti. Sì, tra i tanti difetti di Crono, c’era anche un apparato digerente di infima qualità, funzionale come una sega di burro. Dopo aver svuotato a randellate lo stomaco paterno, per dimostrare tutta la propria misericordia di vincitore, ma anche il frutto dell'educazione caprina, lo prese a calci ancora un poco e poi lo rinchiuse nel Tartaro, che non è in questo caso un problema dentale, ma il punto più profondo di quello che, una volta arrivati gli uomini, sarebbe diventato il regno dei morti. Un postaccio, in ogni caso.

Sistemato il padre, Zeus liberò poi i più presentabili fra gli zii, che il padre aveva lasciato rinchiusi negli abissi del terreno perché facevano un poco schifo: i ciclopi, che ringraziarono Zeus forgiando per lui il fulmine e il tuono, coi quali in seguito si sarebbe divertito come un pazzo, una volta assunto il proprio ruolo di dio del tuono. Più avanti si sarebbe deciso a liberare anche gli ultimi zii, ossia quelli con cinquanta teste e cento mani, che proprio non si potevano vedere neppure nel più orrido degli incubi. ma quel tempo era ancora piuttosto lontano.

A conclusione della vicenda, Zeus conobbe biblicamente (e ripetutamente) la propria sorella Era, che sarebbe poi diventata la sua facente funzione di moglie, nella migliore tradizione di famiglia, e divenne anche il nuovo capo degli dei. Il matrimonio (stiracchiando la definizione del termine) non avrebbe però posto un freno a suoi più potenti istinti animaleschi, ereditati dalla madre adottiva: per tutto il resto della propria esistenza, infatti, Zeus avrebbe continuato a inseguire ogni forma di vita (non necessariamente di sesso femminile) dotata di un orifizio, che attirasse anche solo blandamente la sua attenzione, utilizzando stratagemmi sempre più perversi e inconcepibili, ma questa è un'altra storia, che insegna molto sulle abitudini e le fantasie sessuali di chi per primo la redasse.

di Adriano Marchetti