Adriano - racconti e altro

Il pazzo

C’era una volta un giovanotto così balordo, ch’era la disperazione della sua povera madre e d’un fratello. Un giorno, rimasto a casa solo con la madre ammalata e a letto, questa disse: Va, apparecchiami de’ maccheroni, che mi sento voglia di mangiarne. - Il pazzo va in cucina, e lavora e lavora, e cuoci e cuoci, prepara i maccheroni e li porta alla madre. Questa, come li vede, dice: Oh! poveretta me. Come vuoi che mangi questi maccheroni se son grossi più delle uova? - Il matto, senz’altro, comincia a cacciarglieli giù per la gola a forza, quantunque l’ammalata e con cenni e contorcendosi tutta, gli mostrasse che non ne poteva più. Quando poi la vide pallida e fredda – era morta – correva per la casa gridando: Oh! poveretta la mia mamma, è ghiacciata; ha freddo, - e raccoglie quante può masserizie e tutte le accatasta sul corpo della morta, perchè si riscaldi un poco. Poi le tasta il polso, e come sente ch’è ancor freddo, pensa altro rimedio. Mette legna nel forno, v’accende il fuoco e poi, preso il corpo della madre, ve lo caccia entro.

Proprio in questa entra il fratello, il quale, veduto tale spettacolo, si mette le mani ne’ capelli e grida: Ah! fratello mio, che hai fatto? - Il pazzo gli conta tutto alla sua maniera, e che voleva riscaldar la sua povera mamma. E l’altro disperato: Ah! noi siamo perduti. Se restiamo qui, ci prendono, e la terminiamo male. Or su via, lascia lì tutto, e vieni meco. Andiamo, tirati dietro l’uscio. Il matto ubbidisce, stacca l’uscio e se lo reca in spalla. Camminano fino a sera e giungono in un bosco. Qui si fermano, e il fratello, che camminava innanzi, dice: Ora possiamo fermarci, riposeremo questa notte sopra una pianta. - E nel voltarsi vede il balordo coll’uscio sulle spalle e con tanto di lingua fuori per la stanchezza. Domanda: Ma che hai fatto? Che vuol dir quell’uscio?

Risponde il matto: Non mi hai detto tu, partendo, che mi tirassi dietro l’uscio? E io ho fatto così appunto.

Dopo questo s’arrampicano su un albero, e il matto non si dimentica l’uscio, ma se lo tira dietro. Intanto erano venuti a pie’ di quella pianta alcuni ladri e avevano portati seco due sacchi. Come i due fratelli tremassero, non bisogna domandarlo. A un tratto il pazzo si mette a gridare: Ahimè! ahimè! non ne posso più. Il dir questo e cader l’uscio fu tutt’uno. I ladri, come sentirono il grido e poi dall’alto venir giù l’uscio, spaventati se la danno a gambe. I due fratelli scendono presto dall’albero e guardano i sacchi: l’uno era pieno d’oro, l’altro di noci. Dice l’uno: Quale di questi due sacchi vuoi tu? - Risponde il matto: Quello delle noci. - Contenti tutt’e due, l’uno se ne va per una via e l’altro per un’altra.

Cammina e cammina, il matto giunge in un paesello, e si posta col suo bravo sacco proprio vicino alla casa d’un prete; poi tira fuori delle noci e con un sasso si mette a schiacciarle. Il prete era malato, e il romore gli dava noia. Dice alla fante: Va a vedere chi è quel pazzo che mi disturba, e caccialo via. La fante scende e dice al matto: Che fai tu qui?

- Non vedete? Schiaccio delle noci.

- Ebbene, vattene altrove, chè il mio padrone è malato e tu gli dai noia con questo romore.

- Se gli do noia, peggio per lui, io non me ne vo; mi prenda per servitore, e allora mi terrò dallo schiacciar noci.

Torna la fante e dice al prete: Non vuol andarsene e m’ha detto così e così. E il prete: E che s’ha da fare? Venga pure, vedremo come mi sa servire.

Appena entrato il matto, il prete gli domanda: Sai tu cuocere?

- Io sì.

- Bene, e tu preparami oggi per il pranzo riso e verze.

- Riso sopra verze!

- Riso e verze, io ho detto.

- Ho capito. - E se ne va; mette al fuoco alcune foglie di verza e poi ci versa su alcune manate di riso, e porta il tutto al padrone. Quando il prete vede questo bel mangiare, grida: Ah! briccone, è questo il bel pranzo che m’hai preparato? E dicevi d’aver capito; vattene, vattene.

Risponde il matto: Scusi, signor padrone, io sono da poco al suo servizio e se sbaglio non è colpa mia. Farò meglio un’altra volta.

- Sì, sì, - ripiglia il prete, - ma intanto il mio pranzo per oggi se n’è andato. Proviamo ancora; domani mi preparerai rape e riso. Hai capito?

- Ho capito. Brache e riso.

- Rape e riso, dico.

- Sì, signor, brache e riso, - e senz’aspettar altro se ne va. Il povero prete con tanto di muso aspetta il pranzo. Il matto prende del riso, poi trovato un paio di brache, le tagliuzza a listerelle come lasagne e mette tutto in una pentola al fuoco. Quando la minestra è all’ordine, la reca al padrone. Il prete ne prende una cucchiaiata e sputa. Invelenito grida al matto: Che minestra m’hai tu portato, che ti prenda il malanno!

- Non v’adirate, signor padrone; non m’avevate detto brache e riso?

- Va al diavolo tu e chi t’ha mandato qua ad essere la mia disperazione. Escimi di casa, se non vuoi che ti faccia cacciare a forza.

Il matto, impaurito, esce e ripiglia il gioco delle noci. Il prete, quasi fuori di sè per la stizza, se lo fa venire innanzi e gli dice: Non vuoi smettere dunque? Mi vuoi morto?

- Scusate, signor padrone, io sono un povero giovane, che non sa di far male. Fatemi sagrestano e vi servirò il meglio che io possa.

- Va là, sii pur sagrestano, che il cielo ti benedica, se lo meriti.

Il matto non perde un istante a pigliar possesso della nuova carica. Va al campanile, dà di mano ad una corda e suona a doppio. Ma la corda gli s’attortiglia al collo, e lo soffoca. Così ebbero termine le avventure di questo povero diavolo che, credendo sempre di far bene, non ne faceva una per il suo verso.

Commento

A volte la figura del pazzo o dell’idiota è utilizzata per raccontare la storia di un “diverso” che fino a quel momento aveva tenuto nascoste le proprie qualità, ma quando si presenta l’occasione giusta le sa far fruttare per conquistarsi un lieto fine. Non è il caso di questa fiaba, dove il pazzo è effettivamente pazzo, non un personaggio mal inquadrato nella società, e la storia consiste più che altro nel mostrare sulla scena le pazzie che si inventa.

L’episodio dei due fratelli sull’albero con la solita riunione di ladri proprio sotto di loro è un classico; in questo caso, il pazzo fa cadere la porta senza volerlo, spaventando così i ladri e permettendo ai due di appropriarsi del loro bottino. In altri casi l’interruzione è volontaria e l’eroe di turno la causa per poter derubare i predoni. Giusto un dettaglio, per una storia che in generale è più che altro un siparietto umoristico per ridere delle follie del folle.