Adriano - racconti e altro

Le streghe

Un padre aveva tre figliuoli. Un giorno dice al maggiore: Prendi questo cestello, va nell’orto, cogli de’ più bei fichi e portali al principe, che son certo n’avrai un regalo. Il ragazzo fa quanto gli ha detto il padre e, colti i fichi, s’avvia per andare al palazzo del principe. Strada facendo passa vicino a una casa, ch’era abitata da quattro streghe. Le streghe si fanno alla finestra e domandano al ragazzo: Che hai in quel cestello?

- Nulla, brutte vecchiacce, - risponde, e tira diritto.

E quelle ripigliano: Ebbene, e in nulla si muteranno que’ tuoi fichi.

Senza badare alle minaccie delle streghe, il ragazzo giunge alla casa del principe e domanda di vederlo. Si presenta e scopre il cestello per mostrargli i fichi: e non c’è nulla. Il principe crede d’essere schernito dal ragazzaccio e lo fa picchiare ben bene dai servi. Tornato a casa, conta al padre com’è andata la faccenda; e il padre si volge all’altro figlio e dice: Va tu nell’orto, cogli de’ fichi e presentagli al principe, e vedremo se riuscirai più fortunato. Il ragazzo va, e incontra le streghe, dice loro che non ha nulla nel cestello e si presenta al principe. Si scopre il cestello, e non c’è nulla, e il donatore è picchiato. Torna al padre e gli conta delle bastonature. Dice il padre: Nè anche tu hai saputo fare; provi il minore, e vedrete ch’egli riuscirà. - Il minore, colti i fichi, va col suo bravo cestello al palazzo. Passa vicino alla casa delle streghe. Queste gli domandano de’ fichi, ed egli scoperto il cestello, dice che se ne prendano quanti loro piace. Ne presero tre o quattro e lo lasciarono andare ringraziandolo. Il ragazzo presenta al principe i fichi, e in regalo riceve alcune monete d’oro. Tutto contento, ritorna a casa sua, e incontra di nuovo le streghe. Lo chiamano e gli dicono: Buon ragazzo, tu sei stato cortese con noi, ci hai dato dei fichi, e noi ti faremo un regalo ciascuna. E a lui diedero un pane, che per quanto se ne mangiasse, era sempre uguale; un pezzo di cacio, che ne potevan mangiare mille ed era sempre quello; un fiasco di vino, che mai finiva, per quanto se ne bevesse; da ultimo un violino, suonando il quale bisognava che tutti ballassero. Avuti questi doni, va dal padre e gli conta com’è andata la cosa. Poi con quei preziosi doni delle streghe si mete in testa di girar il mondo in cerca della fortuna. Ne domanda licenza al padre, il quale gliela dà ben volentieri.

Partì il giovane e vide città e regni. Giunge una volta alla porta d’una città. Appena entrato, gli saltarono addosso alcuni birri e lo condussero in prigione. Domandò perchè lo facessero, e quelli risposero che avevano ordine dal re di condurre in prigione quanti entravano in città. Non si smarrì per questo il giovane e, quando fu in prigione, trovò molti compagni di sventura. Tira fuori il suo pane, il suo cacio e il suo bravo fiasco e gl’invita a mangiare e bere allegramente. Mangiano e bevono fino a che non ne possono più, e ce n’era sempre. Poi il giovane piglia il violino e si mette a suonare. Suonando tutti ballavano e la stanza stessa si moveva in maniera che pareva dovesse crollare. Al romore si fece a un finestrino il carceriere e, poveretto, anch’egli buttava di qua e di là la testa come un ubriaco. Tutti ridevano come matti, e pur ballavano. Alla fine tacque il violino, e ogni cosa stette ferma. Il carceriere, con la testa ancora intronata, va dal re e gli conta cos’ha veduto. È da avvertire qui che il re aveva un’unica sua figlia e la amava teneramente. Ma ell’era afflitta da una malinconia tale, che il padre temeva assai della sua salute. I medici, consultati, avevan detto che certo sarebbe guarita di quel suo male, quando si fosse trovato modo di farla ridere. Se ne provarono di tutte, ma non si riuscì. Da ultimo il re mise fuori un bando: che avrebbe dato sua figlia in moglie a quello che l’avesse fatta ridere. Adesso dunque che ode del giovane del violino, lo chiama innanzi a sè e lo prega di suonare. Il giovane prende il violino e suona. Tutti ballano e re e cortigiani e servitori e cani. Quando la figlia del re vede questo, e ch’ella pure non può tenersi di ballare, la prende una così gran voglia di ridere che le cadevan le lacrime dall’angoscia, e tutta la malinconia se ne va per non più ritornare. Pazzo di gioia, il re abbraccia il giovane e gli dice: Tu hai salvata mia figlia e, come promesso, te la do in isposa. Eccotela, son certo che con quel tuo violino la terrai allegra. - Si fecero grandi feste, e il giovane ebbe così il guiderdone d’aver dati pochi fichi alle streghe. Il far del bene giova sempre a questo mondo.

Commento

Fusione di due motivi: il regalo al sovrano e la principessa che non rideva mai. Nel primo caso, la fiaba di solito ci racconta di un suddito che vuole consegnare un dono al proprio signore locale e per qualche motivo non ci riesce, fino a che non scopre l’errore che stava commettendo, si corregge e il dono va a buon fine, con una eventuale ricompensa da parte del signorotto grato. Qui a consegnare i doni sono i soliti tre figli e come al solito i primi due falliscono, mentre il minore ha successo. Cosa che il padre stesso già sapeva, perché nella fiaba dichiara che il terzo ci sarebbe riuscito di sicuro. Si vede che conosce le convenzioni narrative.

Interessanti a modo loro i quattro doni fatti dalle streghe: pane inesauribile, formaggio inesauribile, vino inesauribile e violino che fa ballare tutti. Potremmo anche considerarli una rappresentazione di ciò che era avvertito come importante dal popolo dell’epoca: non restare mai senza nutrimento e allegria o, se preferite, “mangia, bevi e balla”. Lascio però volentieri ad altri eventuali speculazioni sociologiche. In ogni caso, sono doni tradizionali che ritornano in molte storie, a volte con qualche clausola legata al loro utilizzo: per esempio, bisogna lasciare almeno una briciola di pane perché si riformi da solo, o almeno una goccia di vino.

La principessa che non rideva mai è la solita storia della ragazza che non ride dalla nascita, o per lo meno da svariati anni: la troviamo anche in apertura della cornice al cui interno si collocano le storie narrate nel Cunto de li cunti di Giambattista Basile, tra gli altri. Come sempre accade in questi casi, il padre la promette in sposa a chiunque la farà ridere e il vincitore dell’insolito torneo è spesso un qualche personaggio ai margini della società, che riesce nell’impresa usando una risorsa magica o almeno qualcosa di molto anomalo. In questo caso, lo strumento per farla ridere è il violino che fa ballare tutti. Possiamo notare di passaggio che ai mantovani sembrano piacere molto questi violini magici, perché non è il primo che vediamo: una idea ricevuta dai vicini cremonesi, forse?