Adriano - racconti e altro

Yoshitsune

[Si è generalmente creduto, sia tra i giapponesi e gli europei che hanno scritto riguardo agli ainu, che questi ultimi venerassero Yoshitsune, un eroe giapponese del dodicesimo secolo, che si dice - non, in effetti, dagli storici giapponesi, ma dalla tradizione giapponese, - sia fuggito a Ezo quando la sua buona stella era al tramonto. I dettagli seguenti riguardo Yoshitsune portano così completamente il marchio del mito, che potrebbero, forse, trovare spazio in questa collezione. Dovrà anche essere menzionato che Yoshitsune è noto tra gli ainu sotto il nome di Hongai Sama. Sama è la forma onorevole giapponese per “signore”. Hongai è la forma in cui appare, secondo una regolare legge di pronuncia a cui sono sottoposte le parole adottate nella lingua ainu dal giapponese, la parola Hõgwan, che era il titolo ufficiale di Yoshitsune! Il nome di Hongai Sama è, comunque, usato solo nella venerazione, non nei racconti del mito. Il signor Batchelor, la cui posizione come missionario tra gli ainu deve conferire un grosso peso alla sua opinione in questioni simili, pensa che gli ainu non venerano Yoshitsune. Io però posso solo registrare esattamente quello che mi è stato detto.]

Okikurumi, accompagnato dalla sorella minore Tureshi[hi], aveva insegnato agli ainu tutte le arti, come cacciare con l’arco e le frecce, catturare il pesce con reti e arpioni, e molte altre; e lui stesso sapeva ogni cosa per mezzo di due magie o tesori. Uno di questi era un pezzo di testo scritto, l’altro era un abaco; questi gli dicevano da dove avrebbe soffiato il vento, quanti uccelli c’erano nella foresta e ogni sorta di altre cose.

Un giorno venne, - nessuno sa da dove, - un uomo di aspetto divino, il cui nome era sconosciuto a tutti. Andò ad abitare assieme a Okikurumi e lo aiutò in tutti i suoi lavori con abilità meravigliosa. Insegnò a Okikurumi come remare con due remi, invece di spingersi semplicemente con una pertica, come si era sempre fatto prima nella terra degli ainu. Okikurumi fu molto contento di ottenere un compagno così intelligente e gli diede in sposa sua sorella Tureshi[hi] e lo trattò come il proprio figlio. Per questo motivo lo straniero venne a sapere ogni cosa riguardo gli affari di Okikurumi, anche il luogo dove teneva i suoi due tesori. Il risultato di questo fu che un giorno, mentre Okikurumi era uscito a caccia tra le montagne, lo straniero rubò questi tesori e tutto ciò che Okikurumi possedeva e fuggì con sua moglie Tureshi in una barca, della quale ognuno usava un remo. Okikurumi tornò a casa dalle montagne passando lungo la costa e li inseguì da solo su una barca, ma non poteva raggiungerli, perché era da solo contro due. Allora Tureshi defecò un grande escremento in mezzo al mare, che divenne una grande montagna nel mare, ai cui piedi giunse Okikurumi. Era però così alta che Okikurumi non la poteva valicare. Inoltre, se anche l’altezza non lo avesse ostacolato, il fatto che non fosse altro che luridi escrementi sarebbe bastato a fermarlo. Quanto a circumnavigarla, questo lo avrebbe portato fin troppo fuori strada. Così tornò di nuovo a casa, sentendosi alquanto depresso e sconfitto, perché derubato dei suoi tesori.

Questo è il motivo per cui, fin da allora, noi ainu non siamo stati capaci di leggere.

(Trascritta a memoria. Raccontata da Ishanashte il 25 novembre 1886.)

Commento

Vediamo qui Okikurumi, l’eroe culturale ainu, nel ruolo che di solito è assegnato al cattivo della fiaba, da cui l’eroe venuto da lontano deve fuggire portando con sé la donna di turno ed eventuali oggetti preziosi che ha rubato. Troviamo anche la scena classica dell’inseguimento, coi fuggitivi che seminano alle proprie spalle uno o più oggetti per ostacolare l’inseguitore. In questo caso, però, l’oggetto è uno solo e non è esattamente un oggetto, d’accordo, ma il principio è lo stesso: per quanto nata da un solo, colossale escremento, la montagna di questa storia è pur sempre parente di tutte le altre montagne prodotte gettando dietro di sé un pettine o variazioni sul tema.

Per il resto, c’è poco da dire su questo racconto.