Adriano - racconti e altro

Bobo

Un ricco mercante aveva un suo figliuolo chiamato Bobo, d’ingegno assai svegliato, e che mostrava gran voglia d’imparare. Il padre lo affidò a un maestro valentissimo, perchè gl’insegnasse tutte le lingue. Dopo alcuni anni lo richiamò a casa. Una sera passeggiavano per il giardino, e una frotta di passeri sopra un albero facevano un cinguettio da assordare. Pareva che il mercante provasse noia di questo cinguettìo, e Bobo gli dice: Volete ch’io vi spieghi i discorsi che tengono tra loro que’ passeri? Il padre guarda il figlio meravigliato e gli disse: Come vuoi tu sapere ciò che dicono que’ passeri? Sei tu forse un indovino?

- Io non sono indovino, ma il maestro m’ha insegnato il linguaggio di tutti gli animali.

- Ripigliò il padre: Oh! poveri i miei danari. Si vede che il maestro m’ha inteso bene. Io voleva che tu imparassi le lingue che si parlano tra gli uomini, e non quelle degli animali.

- Che volete? Abbiate pazienza. Il maestro ha creduto bene incominciare dal linguaggio degli animali, ch’è cosa ben più difficile.

Rientrano in casa, e il cane corre loro incontro abbaiando fortemente. Dice il mercante: Cos’ha questo animalaccio che ora m’abbaia contro quasichè non mi conosca?

- Volete ch’io vi spieghi ciò che dice questo cane?

- Lasciami in pace con la tua lingua animalesca. Oh! poveri miei danari bene spesi.

Intanto vanno a cena e in un fossato vicino comincia il più bel concerto di rane che si fosse mai udito. Al mercante scappa la pazienza ed esclama: Mancavano proprio queste per farmi più allegro.

E Bobo: Volete che vi spieghi...

- Va al diavolo tu e le tue spiegazioni e chi t’ha insegnato anche. Va a letto.

Bobo andò a letto e subito s’addormentò. Il padre invece, il quale si rodeva di aver buttato via il danaro per far istruire il figlio, chiamò due servi e loro disse ciò che dovevan fare il giorno appresso.

Venuto il mattino, uno de’ servi va a svegliare Bobo, lo fa montare in una carrozza e gli si mette a canto; l’altro servo a cassetto dà una frustata a’ cavalli, e via di galoppo. Il ragazzo non sapeva nulla di tutto questo, solo vedeva che il servo, che gli sedeva a lato, aveva gli occhi gonfi e si mostrava assai mesto. Mosso da curiosità, gli domanda: Perchè sei così mesto? e dove mi conducete ora? - Il servo taceva; alla fine, costretto dalle preghiere di Bobo, rispose: Io vi conduco alla morte, il mio buon ragazzo, e, quel ch’è peggio, per ordine di vostro padre.

- Ma perchè mai, - ripiglia Bobo, - mi vuol far morire? Ho commesso forse un qualche grave fallo senza che me n’accorgessi?

E il servo: Nessun fallo avete commesso, ma il vostro padre è fuor di modo adirato, perchè non avete imparato, in tanti anni di studi, se non il linguaggio degli animali. Ben altro egli s’aspettava da voi. Per questo vi vuol morto.

- Quand’è così, uccidetemi tosto; a che farmi penare aspettando?

- Io non ho cuore di farlo. Piuttosto penso al modo di salvare a voi la vita e a noi i maltrattamenti. Per buona fortuna il cane ci ha seguiti. Io lo ucciderò, gli caverò il cuore che porterò al padre, dicendo ch’è il vostro, ed egli crederà. - Così si fece, e giunti nel più fitto del bosco, Bobo smontò di carrozza e, dopo aver baciati i servi, se n’andò alla ventura. Cammina e cammina, in sulla sera giunge a una cascina e domanda ricovero per Dio. I contadini, vedendo un giovane così gentile, lo accolgono ben volentieri e lo invitano a cena. Mentr’erano seduti a tavola, s’ode latrare il cane nel cortile. Bobo si fa alla finestra e poi, volto ai contadini, lor dice: Fate presto, mandate a letto le vostre mogli e i vostri figli; e voi armatevi meglio che potete, perchè a mezzanotte verrà una masnada di malandrini ad assalirvi. - I contadini rimasero stupiti, e quasi pensavano che al ragazzo desse volta il cervello. Gli domandano: Ma come sapete voi che verrà la masnada dei malandrini ad assalirci? Chi ve l’ha detto?

- L’ho saputo dal cane che abbaiava. Io intendo il suo linguaggio, e se non c’ero io, povera bestia, avrebbe perso il fiato per niente. Se m’ascoltate, sarete salvi. - I contadini trasecolarono ancor più di prima. Pure, per tutto quello che potesse accadere, mandarono a letto le mogli e i figli, ed essi, armati di tutto punto, si misero in agguato dietro una siepe, e aspettarono la mezzanotte. Suona la mezzanotte, s’odono di qua e di là parecchi fischi e poi un avvicinarsi di gente. I contadini, che non dormivano, accolgono a schioppettate i ladri e li mettono in fuga. Quante carezze facessero a Bobo non si potrebbe dire; a lui dovevano la lor salvezza. Volevano a tutt’i modi che si fermasse in casa loro, ma il ragazzo, ringraziatili di tante profferte, in sull’alba prese da loro commiato, e andò a suo viaggio.

Cammina e cammina, verso sera arriva a una casa di contadini. Mentre sta incerto se deve picchiare e domandar ricovero ai padroni di quella casa, sente un gracidar di rane in un fossato lì vicino. Voglioso di sapere che discorsi mai facessero le rane, va al fosso e guarda giù, e vede una cosa ben nuova. Quattro rane col maggior chiacchierìo si gettavano l’una all’altra un’ostia sacra. Veduto questo, Bobo si fece il segno della croce, e poi andò a picchiare alla cascina. Gli fu aperto e il padrone lo invitò seco a cena. Dopo cena il padrone disse all’ospite che aveva una figlia ammalata da sei anni, e che nessun medico aveva ancor potuto dire che malattia la tormentasse: per cui la poveretta si trovava in fine di vita. Bobo ascoltò tutto e poi disse: Se voi m’ascoltate, io vi guarirò la figliuola. Dovete sapere che appunto sei anni fa la vostra figliuola andò alla chiesa per ricevere la comunione. Bisogna che fosse il diavolo che l’abbia tentata, il fatto egli è che si nascose in tasca l’ostia sacra, e poi, nel ritorno dalla chiesa, la gettò nel fosso qui vicino. Iddio, per punirla di questo disprezzo, l’ha fatta ammalare, e non può guarire se non quando si cerchi nel fosso l’ostia sacra, e la fanciulla si comunichi con essa devotamente. Il contadino rimase ben maravigliato, e domandò al giovane come sapesse tutto questo, e Bobo disse d’averlo inteso dalle rane del fosso. Crebbe la maraviglia del contadino, pure fece quanto Bobo gli aveva suggerito, e la figlia fu salva. Dopo di che non sapeva come guiderdonare il giovane, gli fece mille profferte, ma Bobo era troppo buono per accettare; a lui bastava far il bene. Prese commiato anche da questo contadino, e seguì la sua via.

Un giorno, mentre faceva un gran caldo, sotto un castagno trovò due uomini che riposavano. Stanco anch’egli si sdraiò sull’erba vicino a quelli. E poi, entrato con loro in discorso, domandò dove se n’andavano. Risposero: Noi andiamo alla vicina città, dove si elegge il papa. Poco dopo sui rami del castagno venne a posarsi una frotta di passeri col loro solito cicaleccio. Bobo stette attento e poi, voltosi ai compagni, disse: Sapete voi che dicono que’ passeri sull’albero?

- Che dicono mai?

- Dicono che uno di noi tre quest’oggi sarà eletto papa.

Non lo disse a sordo, perchè i compagni aspettarono che il giovane fosse addormentato, e in fretta s’avviarono alla città, e vanno alla chiesa. Appunto in quell’istante si lasciava libera una colomba, e quegli sul cui capo si sarebbe posata, doveva essere il papa. Tutti guardan curiosi, e vedono la colomba calare e posarsi sul capo di un povero contadino. Quest’era Bobo, che, appena partiti i compagni, s’era destato e per la più breve avviato alla città e alla chiesa. In mezzo alla comune allegrezza è vestito di ricchissime vesti e condotto sopra un trono. Intanto in un canto della chiesa s’ode un grido straziante. Accorrono e sollevano da terra un vecchio quasi morto. Accorre Bobo e in quel vecchio riconosce il proprio padre. Il rimorso lo aveva ucciso, e appena ebbe tempo di domandar perdono al figlio, e spirar tra le sue braccia. Bobo perdonò al padre, e fu uno de’ migliori papi ch’ebbe la chiesa.

Commento

Altra fiaba che, seguendo la lettura proposta da Vladimir Propp, si potrebbe inserire nel filone di quelle ispirate ad antichi riti di iniziazione, nello specifico quelli praticati da società di cacciatori. Il giovane lascia la casa paterna per essere affidato a un maestro misterioso, da cui torna con poteri speciali: a volte sa cambiare forma, a volte sa comunicare con gli animali. Qui abbiamo il secondo caso. Il giovane è successivamente cacciato, perché non può più abitare in famiglia: muore così come figlio e rinasce come uomo autonomo. Eccetera eccetera.

Tutto questo è plausibile? In linea di massima, sì. Possiamo anche considerarla una interpretazione corretta? Dipende dai gusti: alcuni spunti di Propp sono indubbiamente buoni, ma questo non significa che il suo intero impianto teorico debba essere accettato e applicato sempre e comunque. Più prudente prenderlo in considerazione come una proposta e valutare di volta in volta la sua applicabilità ai casi specifici.