Adriano - racconti e altro

Il principe Amabile

C’era una volta un mercante che aveva tre figlie. Le due maggiori chiamavansi Luigia e Agnese, la minore, ch’era di straordinaria bellezza, Amelia. Aveva il mercante un magnifico palazzo, e dietro il più bel giardino che si potesse vedere. Tra le figlie non c’era la maggior concordia; le maggiori, invidiose della bellezza di Amelia, non facevano che deriderla perch’ella non aveva amante, mentr’esse lo avevano.

Doveva una delle tre sorelle ogni giorno recarsi nel giardino e raccoglier un cestello di fragole per il pranzo. Un giorno scende la maggiore e, mentr’è intenta cogliendo fragole, sente dietro di sè una voce che le dice: Dammi un bacio. La Luigia volge la testa e vede vicino un drago che con gli occhi quasi lagrimosi la stava guardando. Inorridita, domanda: Sei tu, brutto mostro, che m’hai detto: dammi un bacio?

- Sì, - risponde il drago, - e dunque vuoi tu darmelo?

- Mai più, mai più, sozzo animale. Non ti vergogni di domandar un bacio a me, che ho per amante un principe?

- M’immaginavo, - ripigliò il drago, - che m’avresti risposto così superbamente. Ma dimmi, senti almeno compassione di me? mi vorresti almeno un po’ di bene?

- Non pensarlo nè anche,- ripigliò la ragazza, - vattene pure al diavolo, chè tu mi fai paura.

Detto questo, col cestello delle fragole se ne tornò in casa, e non disse a nessuno ciò che le era accaduto.

Il giorno dopo va nel giardino l’Agnese. Mentre sta cogliendo delle fragole, sente la voce: Dammi un bacio. Risponde superbamente al drago, e lo lascia tornandosene in casa. Conta alla Luigia ciò che l’è toccato, e questa alla sua volta narra alla sorella l’avventura del giorno innanzi. Poi si mettono d’accordo di spiare se il medesimo accadrà all’Amelia, e perciò propongono di nascondersi il giorno seguente in luogo d’onde possano vedere e udire il tutto.

L’Amelia il giorno seguente, preso il cestello, va nel giardino. Mentre sta cogliendo le fragole, sente la voce: Dammi un bacio, o bella Amelia. La ragazza si volta, vede il drago e, senza provare il ribrezzo delle sorelle, dice: Io non posso dartelo il bacio, o mio buon drago, perchè sei troppo brutto.

- Ma almeno, - ripiglia quello, - hai tu compassione di me? mi vuoi tu bene?

- Io sì che ti voglio bene e tanto, - risponde l’Amelia, - e se tu fossi meno brutto, ti darei anche un bacio.

Appena ebbe detto questo, gli occhi del drago sfavillarono di gioia. Le due sorelle, ch’avevano veduto e udito tutto, diedero in una gran risata, deridendo la semplicità dell’Amelia che s’era mostrata così gentile con un così brutto mostro.

Colte le fragole, l’Amelia se ne tornò alla sua stanza, e tutti i suoi pensieri erano rivolti al drago. Ogni qual volta ella scendeva nel giardino, il drago le si presentava e in atto compassionevole diceva: Dammi un bacio, bella Amelia, dammi un bacio. Un giorno la fanciulla, vinta dalle preghiere del mostro, si abbassò e lo baciò. Ed ecco che il drago scompare e in luogo suo trovasi una cassettina di cristallo con su una polizza, la quale diceva: Sappi, o bella Amelia, che io sono figlio del re di Scozia. Una fata, da me offesa, mi aveva mutato in un brutto drago con la minaccia che non sarei tornato nella figura di prima, se non quando una giovanetta m’avesse baciato. Tu, o bella Amelia, hai avuto compassione del mio miserando stato, e senza conoscere chi io fossi, non hai avuto paura di baciarmi. Però non ancora la fata è contenta, e non vuole ch’io mi faccia vedere se non di notte. E però, se tu mi vorrai vedere, devi aprire, quando sia di notte, la cassetta di cristallo premendo una molla; caverai una palla che c’è dentro, e io subito comparirò. Di un altra cosa ancora t’avverto. Guardati bene, te ne prego, che la cassetta non si spezzi, guai a me; i pezzi del cristallo m’entrerebbero nelle carni e la mia morte sarebbe sicura.

L’Amelia prese la cassetta e se la recò nella sua stanza. E appena venne notte, toccò la molla, trasse fuori la palla, ed ecco comparirle innanzi un giovane bellissimo. Era il figlio del re di Scozia e si chiamava Amabile. Così si vedevano tutte le notti, e in breve s’innamorarono l’uno dell’altro, e promisero di sposarsi quanto prima. Le sorelle, invidiose, erano state attente ad ogni atto dell’Amelia, e facilmente s’accorsero ch’ella aveva qualche cosa che voleva loro nascondere. Un giorno che la sorella era discesa nel giardino, sconficcarono l’uscio della sua stanza, e fruga di qua e fruga di là, finalmente trovarono la cassetta di cristallo. Curiose di sapere che cosa ci fosse dentro, provarono d’aprirla e, non riuscendoci, la lasciarono cadere a terra, per cui andò in mille pezzi. Ma la palla era scomparsa. Senza avere appagata la loro curiosità, e pur contente del dispetto fatto alla sorella, richiusero l’uscio e se n’andarono. Quando l’Amelia ritornò alla sua stanza, vide la cassetta in pezzi e provò tanto dolore, che subito svenne gettando un grido. Rinvenuta in sè, i pezzi della cassetta più non c’erano; erano andati a conficcarsi nelle carni d’Amabile. Quasi pazza di dolore e sospettando che le sorelle le avessero giocato quel brutto scherzo, prese una risoluzione ardita. Fatto un fardello di poche robe e, colto il momento in cui nessuno le poneva mente, uscì di casa col pensiero d’andar in Iscozia e in tutt’i modi tentar di salvare lo sventurato suo amante.

Cammina e cammina, attraversa boschi, torrenti e città, giunge alla fine nel regno di Scozia. Sorpresa dalla notte, s’arrampica sopra un albero e qui s’addormenta. Poco dopo due gran mugghi la destano, e con gran terrore vede avvicinarsi all’albero due smisurati leoni. Questi s’accovacciano, come per riposare, proprio a piè della pianta, sula quale era l’Amelia, che, atterrita, sta attenta a ogni movimento delle due fiere.

Dice uno dei leoni all’altro: Sai la nuova che corre per il paese?

- Che c’è di nuovo? - domanda il compagno.

- Il figlio del re di Scozia è ammalato gravemente, ed è vicino a morire. Gli si sono conficcati nel corpo tanti pezzi di cristallo, e i medici non sanno che rimedio proporre per cavarneli.

- Dunque non c’è rimedio di sorta per salvare il povero principe?

- Sì che c’è, ma lo conosco solo io.

- Potresti dirmelo.

- Ecco: già che nessuno può sentirci, te lo dico. Bisognerebbe ungere il corpo dell’ammalato col grasso di una delle nostre coscie, e allora i pezzi di cristallo se n’uscirebbero a poco a poco. Vedi se a’ medici può venire in mente codesto rimedio; e poi non siam noi tanto gonzi da lasciarci uccidere.

L’Amelia aveva udito il dialogo. Aspettò che i due leoni fossero addormentati, scese poi pian piano dall’albero e con un coltello gli uccise tutt’e due. Raccolse il un vaso il grasso de’ leoni e si mise in via per la città. Entratavi, si travestì da medico, e come tale si presentò al re, promettendo che avrebbe guarito certamente il principe. Il re, che le aveva provate tutte, da prima volle impedirle di avvicinarsi all’ammalato; ma insistendo la giovane, glielo concesse, minacciandola che, ove non fosse riuscita nella cura, sarebbe morta. Anche a questo patto accettò il giovane medico. S’accostò all’ammalato, e comincia le sue unzioni, e tosto se ne vide il vantaggio, perchè i pezzi di cristallo a uno a uno uscivano dalle carni del principe con grande suo sollievo. In breve, non passò un mese che Amabile era bello e guarito. Il re, nel colmo della gioia, volle che si facesse una gran festa per onorare il medico che gli aveva salvato il figlio. Alla festa però non si vide comparire il medico, ma in sua vece una giovane di straordinaria bellezza che in tutto gli assomigliava. Era Amelia. Allora solo Amabile conobbe chi era stato il medico salvatore. S’inginocchia innanzi al padre e domanda Amelia in sposa; il re è contento, e si fanno le nozze con grandi feste. Le sorelle d’Amelia, udita la cosa, quasi scoppiarono per la rabbia, ma dovettero darsi pace, perchè se l’erano meritata.

Commento

Variante sul tema della “Bella e la bestia”, un motivo estremamente diffuso nelle fiabe, incrociato col bacio della ragazza per spezzare l’incantesimo. Come sempre in questo tipo di storia, abbiamo tre sorelle che sono avvicinate, l’una dopo l’altra, da un qualche spasimante mostruoso: spesso è un rettile, ma non sempre. Le prime due lo rifiutano disgustate, ma la sorella più giovane lo accetta, anche se con qualche riserva legata al suo aspetto: è disposta a compatirlo e a provare affetto per lui, ma per i baci se ne riparlerà in futuro. Per un poco il corteggiamento sui generis procede, fino a che un intervento delle sorelle invidiose causa la crisi, di solito mettendo a rischio la vita del mostro. La sorella minore dovrà così trovare il modo di salvarlo. Alla fine sposerà il mostro ritornato principe e tutti vissero felici e contenti, tranne le sorelle invidiose.

Qui l’incidente avviene dopo il bacio che ha spezzato una parte dell’incantesimo, restituendo alla bestia l’aspetto umano, ma solo in alcune circostanze. Non è il solito anfibio, che ritorna principe dopo il bacio, ma cambia poco: draghi e rospi appartengono allo stesso campo semantico fiabesco e si scambiano spesso di posizione, specie quando si tratta di impedire l’accesso a fontane o a riserve d’acqua in generale,ma questo è un altro discorso.

Nella fiaba mantovana troviamo anche una spruzzata di Amore e Psiche, almeno nella versione resa celebre da Apuleio, coi due amanti che si possono incontrare soltanto di nascosto in piena notte, incluso il ferimento del ragazzo, che anche qui è causato dall’invidia delle sorelle. La protagonista deve così partire per un’avventura, in cerca dell’amato scomparso e del modo per risanarlo. Qui si innesta un altro motivo ricorrente in molte fiabe: durante la notte, la protagonista nascosta su un albero ascolta alcune creature di passaggio che si fermano proprio sotto di lei a discutere di quello che lei aveva disperatamente bisogno di sapere. Origliare personaggi più o meno soprannaturali che spettegolano accanto al luogo in cui per caso ti sei nascosto è forse il metodo più comune per ottenere le informazioni di cui hai bisogno in una fiaba, ma così è la vita ed è meglio non pensarci troppo.