Adriano - racconti e altro

Tredicino

C’era una volta una donna che aveva tredici figli, ed era tanto povera che stentava a mantenerli. Quando furono grandicelli, un dì li chiamò a sè, e disse loro: Sentite, figli miei, io non posso più darvi mangiare, bisogna che provvediate voi a voi stessi e un poco anche a me, che ormai comincio a diventar vecchia. I ragazzi le dettero ragione e presa ciascuno una sporta, se n’andarono accattando per Dio. Giunsero alla casa del re, picchiarono l’uscio e domandarono l’elemosina. Il re veduta la processione dei ragazzi, disse: Come volete che io dia qualcosa a tutti voi, che siete tanti? Pure, se alcuno di voi è così coraggioso d’andar a rubare la coperta al lupo, che abita qui nel vicino bosco, farò in modo che voi tutti rimarrete contenti. - I ragazzi si guardarono l’un l’altro e non sapevano che rispondere. Il più giovane tra essi, ch’era uno storpiatello piccino piccino, ma furbo più d’una volpe, e ch’era chiamato in famiglia Tredicino, si fece innanzi e disse: Andrò io da questo lupo e farò di torgli la coperta; ma voi, o re, datemi uno spillo lungo un braccio. Gli fu dato lo spillo, e Tredicino solo soletto s’incamminò verso il bosco e giunse alla casa del lupo. Aspetta che il lupo esca, e poi pian piano s’arrampica sul tetto della casa e giù per il camino nella stanza da letto. Intanto vien la notte e il lupo russava allegramente. Tredicino esce di sotto del letto e punge con lo spillo il lupo. Questo si sente pungere or qua or là, si voltola da tutte le parti, e intanto Tredicino gli toglie la coperta, e su per il camino, e via a gambe.

Aveva il lupo un pappagallo sapientissimo. Conosceva le ore e sapeva rispondere a tutto. Alla mattina, quando il lupo è desto, domanda al pappagallo: Che or’è?

- Son le cinque, ma Tredicino ve l’ha fatta.

- Chi è Tredicino? e che m’ha fatto?

- Tredicino è un furbacchiotto, che stanotte v’ha rubato la coperta.

- Oh! se io lo posso avere questo birbante, ne fo un bel boccone.

Intanto Tredicino era tornato al re con la coperta. Il re, maravigliato della furberia del piccino, gli dice: Senti, se tu vuoi veramente che io faccia ricco te ed i tuoi, torna al lupo e rubagli una coperta coi campanelli. Tredicino rispose: E io lo farò purchè mi diate della bambagia e del refe. Così preparato andò al bosco. Sale sul tetto della casa, entra pel camino nella camera del lupo, si nasconde sotto il letto e attende la notte. Il lupo dormiva saporitamente, e Tredicino pian piano esce dall’agguato, e con la bambagia e col refe lega a uno a uno tutti i battagli dei campanelluzzi della coperta, perchè non facciano rumore, e poi se la porta via.

Il lupo, svegliatosi in sull’alba, domanda al pappagallo: Pappagallo mio, che or’è?

- Son le quattro, ma Tredicino ve l’ha fatta.

- Come me l’ha fatta?

- Ha rubato la vostra coperta coi campanelluzzi.

- Ah! questo è un po’ troppo poi. Bisognerà che me la paghi. Se mi capita sotto le mani il briccone, ne fo un bel boccone.

Il re non fu contento ancora delle prove di Tredicino, ma gli comandò che dovesse rubare anche il pappagallo del lupo.

Com’ho da fare? - disse Tredicino, - se cinguetta peggio d’un ragazzo. Questo è un volermi mandar alla morte.

Ripigliò il re: - E alla morte tu vai certo, se non ubbidisci; hai capito, furfantello?

- Ho capito, io. Ecco: farò così. Prendo un panierino di dolci, m’avvicino al pappagallo, lo adesco, lo piglio e ve lo porto. Che vi pare del piano?

Così fece com’aveva detto, e il pappagallo passò dalla casa del lupo in quella del re.

Il povero ragazzo credeva in fede di cristiano che le sue prove fossero terminate davvero. Ma s’ingannava. Il re lo chiama a sè e gli dice: Ascoltami, Tredicino; tu sei il re dei furbi. Io ti farò ricco, in parola da galantuomo, se m’ubbidisci per l’ultima volta. Io voglio il lupo nelle mie mani. Hai capito? o se no, t’ammazzo, in parola da galantuomo.

Come rimanesse Tredicino a questo comando e a queste minaccie, se lo immagini chi vuole. Si vide perduto. Tutta la notte non fece che piangere; in sul mattino s’addormentò e sognò belle cose. Svegliatosi si frega le mani in atto di contentezza e parla tra sè: Oh! l’ho trovato io il modo di pigliare anche il lupo; oh! l’ho trovato, sì.

Si veste in fretta, piglia un carretto, alcune assi e alcuni chiodi, e poi se ne va al bosco. Passa vicino alla casa del lupo e grida: Tredicino è morto, Tredicino è morto. Chi m’aiuta a fargli la cassa? - E si mette a picchiare sulle assi.

- Son qua io, - risponde il lupo, - son qua io, e ben volentieri t’aiuterò, buon ragazzo, chè quel briccone di Tredicino me n’ha fatte di grosse, sai.

Tredicino lavora attorno alla cassa, e il lupo aiuta; la cassa fu presto terminata.

Oh! adesso, - dice il ragazzo, - tu dovresti stenderti quaggiù nella cassa; Tredicino è della tua statura poco più poco meno, e così io sarò certo se il lavoro è riuscito bene, chè mi dispiacerebbe tornar da capo.

Il lupo, da baggiano, si stende nella cassa; e Tredicino, svelto come un lampo, ci mette sopra il coperchio e comincia a tempestar col martello sui chiodi. Il lupo grida: Che fai, buon ragazzo? Apri presto, chè io affogo. - Risponde il buon ragazzo: Sta cheto, compar lupo, non muoverti. Vuoi che te lo dica? Io son Tredicino. Adesso, se puoi, scappami. - Piglia la cassa, la mette sul carretto e va dal re. Quando tutti han veduto per un pertugio il prigioniero, si accende un buon fuoco; ed il lupo, la cassa e il carretto son consumati dalle fiamme. Allora il re prese una bella borsa e la regalò a Tredicino, che se ne tornò coi fratelli a casa sua ricco e contento.