Adriano - racconti e altro

Il re dei sette veli

Un re e una regina non avevano figliuoli e per questo erano oltremodo addolorati. Facevano pregare per tutte le chiese perchè Dio si movesse a pietà e concedesse loro almeno una figlia. Alla fine le loro preghiere furono esaudite. In capo a qualche anno ebbero una bambina di gran bellezza. Appena nata, il re interrogò un astrologo sull’avvenire della figlia, e l’astrologo rispose che si sarebbe innamorata del primo che le capitasse innanzi. Perchè questo non accadesse, il padre pensò di metterla in un collegio, dove non potesse vedere uomo alcuno. Fu messa in collegio, e qui stava in una stanza che aveva luce solo da una finestra assai alta. Un giorno la fanciulla prese una sedia, vi montò sopra, e si fece alla finestra. Era nevicato, e passavan di là due uomini e parlavano tra loro. La ragazza stette con tanto d’orecchi. L’uno diceva: Vedi questo sangue? Io credo non ci sia al mondo alcun uomo vermiglio com’esso e candido come questa neve. - Disse l’altro: Sì che c’è; il re dei sette veli, il più bell’uomo sulla terra. - E poi se n’andarono alle loro faccende. La fanciulla tenne a mente quanto aveva udito.

In capo a pochi mesi viene il re a vederla e le domanda come sta. Risponde ch’ella sta benissimo, ma ch’è innamorata del re dei sette veli.

- Che ti salta in mente, figlia mia? S’egli è il più bell’uomo di questo mondo, e non vuol prendere per moglie se non una che lo superi in bellezza!

- Sia pur così, e io lo voglio.

Il padre, impensierito, fa per andarsene, ma la figlia gli si attacca talmente ai panni, che bisogna la prenda seco, e non c’è via di farle mutar pensiero. Venuto a casa, conta la faccenda alla moglie, e d’accordo con lei, prese per partito di presentarsi al re dei sette veli e contargli dell’amore di sua figlia. Così deliberato, si mette in via e giunge al re dei sette veli. Gli si presenta e parla a questo modo: Io ho una figlia che s’è fortemente invaghita di voi. So che voi siete bello senza pari e che non volete per sposa se non una che v’avanzi in bellezza. Ho tentato di levarle questo pensiero e non m’è riuscito di persuaderla. - Il re dei sette veli sorrise e poi, levatosi a uno a uno i veli che gli coprivano il viso, apparve d’una bellezza straordinaria. - Il povero padre rimase come annichilato e, quando il re gli domandò se la sua figlia fosse ancor più bella, dovette rispondere con un bel no. Allora il re ripiglia: Ebbene, giacchè ha osato innamorarsi di me, non le resta che morire. Prendete questo anello e se lo metta in dito, questo fazzoletto e con esso s’asciughi le lacrime, e questo pugnale con che deve trafiggersi il cuore.

Il misero padre partì di là tutto dolente e narrò alla figlia come gli fosse riuscita l’ambasciata. La fanciulla non si commosse per questo, prese i tre doni del re dei sette veli e poi disse al padre: Sentite; ch’io muoia a un modo o ad un altro, è lo stesso. Voglio che voi mi facciate fare una cassa di cristallo che si possa chiudere di dentro, e tre abiti, uno a sole, uno a luna e un altro a stelle. Poi io mi porrò nella cassa con gli abiti e coi doni, e voi mi getterete nel mare e qualche santo mi aiuterà. - Il re fece appunto così, e la cassa fu abbandonata alle acque del mare. Le acque la portarono molto lontano, tanto che un giorno capitò sotto le finestre di un palazzo. Una regina che stava a una finestra a pigliar il fresco, vide la cassa e ordinò ai servi di andarla a prendere. Andarono e la recarono alla regina, la quale rimase ben meravigliata al vederci chiusa entro una giovane bellissima e viva. Le parlò e le disse d’aprire la cassa. Aperto, la fanciulla uscì e s’inginocchiò innanzi alla regina contandole tutta la sua storia. La regina restò commossa e le disse: Fatti animo, figlia mia. Tu sei capitata meglio di quello che potevi sperare. Io sono la sorella del re dei sette veli; egli è bello sì, ma tu non gli cedi punto. Intanto ti starai meco come donzella e, quando viene, chè ogni giorno viene a vedermi, tu gli recherai il caffè. Vedremo come t’accoglie.

Infatti il giorno dopo viene il re dei sette veli a trovar la sorella. La fanciulla, vestita d’un abito a luna, gli porta il caffè. Al re, subito che la vide, parve bella oltre ogni credere, e subito domanda conto della giovane. La regina gli narra la storia della fanciulla, tacendo solo quello che non voleva sapesse subito. Quando poi il re se ne fu andato, dice alla donzella: Io credo che mio fratello sia innamorato della tua bellezza, però bisogna vedere meglio. Domani, quando viene, tu recagli, come al solito, il caffè, e così sbadatamente versaglielo sulle dita. Io ti sgriderò, e vedremo com’egli comporterà questo.

Il giorno dopo venne il re. La ragazza, vestita con un abito a sole, gli porta il caffè e glielo versa sulle dita. Quello grida: Ahi! La regina comincia a sgridar la giovane e a percuoterla anche. Il fratello s’intromette e la prega che non faccia, perchè la colpa è tutta sua, che guardava altrove. E così stette la cosa.

Il giorno dopo torna ancora il re, ma la fanciulla non comparisce con la tazza del caffè. Domanda alla sorella che vuol dir questo, ed ella risponde che la si sente poco bene, forse per le busse del giorno innanzi, ed è rimasta a letto quella mattina. Il re la prega che lo conduca a vederla. Si va alla stanza della ragazza, e quando il re le è vicino, s’accorge dell’anello, del fazzoletto e del pugnale. Meravigliato dice: Chi t’ha dato queste tre cose? Eran mie e io le mandai alla figlia del tal re. - La giovane, arrossendo, rispose: Sono io la figlia di quel re. Non ebbi coraggio di trafiggermi con questo pugnale e tentai in altro modo di morire, e la fortuna mi condusse proprio qui, dove meno avrei dovuto venire. - Ed egli: Perchè mai tuo padre mi diceva ch’eri meno bella di me? S’io t’avessi veduto prima, certo che non t’avrei mandati quei tre doni funesti. Sia lode a Dio ch’or sei salva, e dichiaro che tu sei mille volte più bella di me, e ti voglio mia sposa. - La giovane si sentì quasi venir meno a questa dichiarazione. Vestì l’abito a stelle, e, fatto saper la cosa a’ suoi genitori, si fecero le nozze quali non furono mai viste da che mondo è mondo.

Commento

Vermiglio e bianco: versione abbreviata del classico motivo dei tre colori, bianco, rosso e nero, che contraddistinguono la persona di cui il protagonista (o la protagonista, come in questo caso) si innamora. Il principe così bello da dover nascondere il proprio volto è un motivo meno comune rispetto alla principessa rinchiusa nella torre per tenere lontani gli eventuali ammiratori, ma non è poi insolito. Possiamo segnalare la nascita soprannaturale della protagonista, la profezia che la lega a una vita sentimentale piuttosto inconsueta, seguita da una versione molto soft della prigionia a cui il padre la sottopone per il suo bene: sono motivi che tornano di continuo nelle fiabe, ricombinati a seconda dei gusti del narratore o delle necessità della storia. Di solito la sequenza è profezia-prigionia-nascita soprannaturale dell’erede, ma sono dettagli puramente statistici.

La figlia gettata in mare dentro una cassa, stranamente, non è qui una punizione, ma una richiesta della figlia stessa: resta comunque un altro elemento che si trova molto spesso dopo il precedente trittico di profezia, prigionia e nascita soprannaturale. Come al solito, anche qui serve a raggiungere una sorta di lieto fine, con la profezia che si compie perché il destino ha guidato la cassa. Niente di nuovo, insomma, ma è sempre interessante vedere il modo in cui gli ingredienti classici sono ricombinati per produrre ogni volta fiabe differenti.

Possiamo anche sottolineare il ritorno dei tre abiti a luna, sole e stelle, che contraddistinguono così spesso il guardaroba della donna di turno, che deve farsi notare dal principe o re di turno. Si possono prestare a interpretazioni di ogni tipo, a seconda dei gusti, ma possono anche essere solo una raffigurazione di tre cose che sono generalmente considerate belle: bellezza fuori dal mondo, in effetti, in un senso anche letterale.