Adriano - racconti e altro

L’ostessa

C’era una volta un’ostessa che aveva una figlia. Tutti quegli che andavano all’osteria, dicevano ch’ella era sì bella, ma che la figlia era di gran lunga più bella. Anche uno specchio, ch’ella consultava spesso, e che parlava, le diceva: Tu sei bella, non c’è che dire, ma tua figlia ti supera, e di molto, in bellezza. - Per tutto questo aveva preso a odiare tanto la ragazza, che cercava in tutti i modi di levarsela dagli occhi. Un giorno chiamò un servo e gli disse: Io odio a morte mia figlia, perchè tutti dicono ch’è più bella di me. Fa di liberarmene e n’avrai un guiderdone. - Il servo intese la volontà della crudele madre e, presa la giovane, la condusse in un bosco col pensiero di ucciderla. Mentr’erano nel più fitto del bosco, la ragazza domanda al servo: Dove mi conduci?

Il servo risponde: Alla morte per ordine della tua buona madre. Ella t’odia perchè tutti ti dicono più bella di lei, e m’ha imposto di portarle il tuo cuore in segno che t’avrò uccisa.

- Ebbene, uccidimi tosto.

Al servo venne pietà della povera giovane, e veduto un pastore, che pascolava delle pecore, gli domandò che gliene vendesse una. Il pastore non voleva per paura del padrone. Alla fine s’arrese, e il servo uccise la pecora, le cavò il cuore e lo portò all’ostessa, abbandonando la ragazza alla ventura.

Questa cammina, cammina, e giunge in sulla sera a un magnifico palazzo. Sarebbe entrata, ma non c’era persona, ed ebbe paura. Si nascose dietro una siepe ed aspettò che venisse qualcuno per domandar conto del palazzo. Ed ecco venire ventiquattro uomini armati fino ai denti e con ceffi da mettere spavento. Erano ladri, e quel palazzo era il loro rifugio. La giovane, come gli ebbe visti, non ardì uscire dal nascondiglio e per quella notte stette appiattita dietro la siepe, ove s’addormentò. Venuta l’alba, aspettò che i servi uscissero del palazzo, e siccome avevano lasciato aperto l’uscio, pensò d’entrare in quello, se per caso trovasse da mangiare, chè quasi moriva di fame. Entra, mangia e beve, e poi fa la masserizia della casa. Fatto questo, esce e si nasconde ancora dietro la siepe. Si pensi se i ladri rimasero maravigliati, quando, ritornati a casa, videro ogni cosa pulita e netta. Dice il capo: Qui certo c’è stato qualcuno, e bisognerà che uno di noi domani si fermi a spiare chi è tanto ardito da entrar nel nostro palazzo. -

Il giorno dopo la giovane nascosta vede uscire i ladri, li conta e son ventitrè; dunque uno è rimasto in casa. Sebbene impaurita per questo, punta dalla fame, si fa coraggio, entra nel palazzo; dappertutto c’è silenzio, perchè il ladrone nascosto sotto un letto s’era addormentato. La giovane non se n’accorge, mangia, beve, fa la masserizia della casa, e poi se ne va al suo nascondiglio. Tornano i ladri e restano sorpresi al vedere ogni cosa pulita e netta. Domandano a quello ch’è rimasto se ha visto nessuno, ed egli sinceramente risponde che il sonno l’ha preso e che non ha sentito niente. Dice il capo: Bisogna che resti io domani in agguato, certo che non mi lascerò pigliar dal sonno.

All’indomani la giovane conta i ladri e sono ancora ventitrè, dunque uno s’è fermato in casa. Pure, spinta dalla fame, entra nel palazzo e mangia e beve e poi, messa ogni cosa a ordine, fa per uscire, quando il capo de’ ladri, che aveva udito tutto, saltando fuori dal luogo dov’era nascosto, le grida: Fermati. - La giovane manda un grido per lo spavento, gli s’inginocchia davanti e domanda per misericordia la vita. Il ladro, quando la vede così bella, mette da banda ogni pensiero di vendetta e le dice: No, io non t’uccido, sei troppo bella. Tu sarai in questo palazzo come padrona e nessuno ti torcerà un capello.

Un giorno la madre della ragazza va allo specchio e questo le dice: Tu sei bella, ma tua figlia è ancor più bella.

- Come? - dice la donna, - non è dunque morta mia figlia?

- No, - risponde lo specchio, - tua figlia è viva e si fa sempre più bella.

- Dunque il servo m’ha ingannata. Ma troverò io il modo di liberarmene.

Chiama una strega, le dà una borsa di danaro e la prega di uccidere la figlia. La strega si mette all’opera. Compera una cesta, la riempie d’ogni sorta di merci preziose e poi va sotto alla finestra del palazzo, dov’era la giovane, e si mette a gridare: Chi vuole delle mie merci? Chi vuole delle mie merci? - La giovane si fa alla finestra; e la vecchia: Comperate, vi prego delle mie merci, chè in tutt’oggi non ho guadagnato un soldo. E quella risponde: Non mi bisogna nulla, buona vecchia, proprio nulla, perchè qua entro ho tutto quello che posso desiderare. - Non si dà vinta per questo la malvagia strega. Siccome l’uscio era aperto, entra nel palazzo e nella stanza della giovane. Questa era intenta a pettinarsi e non s’accorge della vecchia, la quale le si accostò piano piano e le conficcò nella testa un pettine. Il pettine era fatato, e la giovane cade tosto in un sopore come morta. E la strega subito se ne va via. Il ladro viene a casa e trova la giovane fredda fredda e che non dava segno di vita. La prende, la adagia sopra un letto e per sfogare il suo dolore le va dicendo: Chi t’ha uccisa, mia bella giovane? Dimmelo; qualunque esso sia, io sono presto a vendicarti. - Senz’ascoltar le parole di consolazione de’ compagni, non abbandona la morta. In capo a otto giorni finalmente si persuade a darle sepoltura, quando, abbassandosi per baciarla in volto, s’accorge del pettine. - Sarà questo che t’ha uccisa, - dice singhiozzando, e piano, quasi avesse paura di farle male, glielo cava, ed ecco la giovane mandar un sospiro, come se si svegliasse da un lungo sonno. A poco a poco le tornan i colori sulle guance, si alza e guarda attorno trasognata. - Dio mio! quanto ho dormito, - dice. Il ladro non sa contenersi per la gioia, e le domanda chi fu a visitarla. La giovane gli racconta che l’era parso di vedere una vecchia merciaiola accostarsele e metterle in testa qualche cosa, e poi non aveva sentito più niente. - Ah! adesso capisco, - ripiglia il ladro, - questo certo è un tradimento della tua perfida madre, che a tutti i modi ti vuol morta. Abbi cura da qui innanzi e poni mente a chi ti si avvicina, perch’ella certo, se ti sa ancor viva, non rimarrà dal volersi vendicare.

Un giorno l’ostessa va allo specchio e domanda: Adesso che dirai?

E lo specchio: Io dico che tu sei bella, ma che tua figlia è ancor più bella.

- Dunque è ancora viva? La strega m’avrebbe ingannata?

- Sì che vive ancora, e sempre più cresce in bellezza.

Arrabbiata la donna chiama un mago potentissimo, gli dà una borsa di danaro e dice: Fa di liberarmi di mia figlia, ch’io non ne senta più parlare. - Il mago compera una cassetta e la riempie de’ più preziosi gioielli. Quand’è innanzi al palazzo de’ ladri, con la bacchetta, ch’aveva sempre seco, fa che si scateni uno dei più furiosi temporali. La giovane viene a chiudere la finestra; e il mago, facendosi vedere, grida: Per carità, buona ragazza, lasciate ch’io mi ricoveri per poco in questa casa finchè cessi la furia del temporale; abbiate compassione d’un povero vecchio. - La giovane si move a pietà, gli apre l’uscio e lo fa entrare. Quand’egli è dentro, scopre la cassetta e le mostra i gioielli invitandola a togliersi quelli che più le piacevano. Poi piano piano le s’accosta e le cava di dito un anello, che le aveva regalato il ladro, e in iscambio ne mette un altro tutto affatto uguale. L’anello del mago era fatato, e appena la giovane l’ha in dito, cade lunga distesa che pareva morta. Cessa il temporale, e il mago si dilegua.

Intanto il ladro viene al palazzo e vede la sua giovane morta. La adagia sopra un letto e non sa darsi pace. Per più giorni non esce, forse sperando che ancor avesse a rivivere. Da ultimo, dopo alcune settimane, visto che le sue speranze erano inutili, fa costruire una cassa di cristallo, vi colloca la giovane vestita di bianco, e la abbandona alla corrente di un fiume vicino.

Un giorno il figlio del re era andato a caccia. In un tratto s’accorse che i cani, in luogo d’attendere ai cacciatori, correvano avanti e indietro sull’argine del fiume e abbaiavano fortemente. Mandò uno de’ suoi servi a vedere che novità fosse questa, e, gli fu riferito che a seconda del fiume andava una cassa di cristallo con dentro una giovane vestita di bianco. Subito comandò che fosse tirata a riva, e, quando vide la giovane morta, che conservava ancora la sua maravigliosa bellezza, se ne innamorò perdutamente. Ordina che la cassa sia recata nel suo palazzo e in una stanza, e non l’abbandona più. Pareva impazzito, era sempre in contemplazione della giovane. La regina, che lo teneva d’occhio, era addolorata al vedere questa nuova pazzia del figlio, e sempre lo pregava che si distaccasse da quel luogo se non voleva perdere il cervello del tutto, ma ell’eran parole gettate. Finalmente riuscì ad alcuni amici di persuaderlo a uscire per poco. Alcune dame della corte, che avevan sentito parlare della cassa e dell’innamoramento del principe, quando egli è fuori, entrano nella stanza ad ammirare la bellezza della giovane. E una più ardita le tocca una mano e s’accorge dell’anello, e, per provare se s’adatta al suo dito, glielo cava. Ed ecco la giovane, come risentita da un lungo sonno, manda un sospiro, poi apre gli occhi e li volge qua e là smarrita. Come rimanessero le donne è facile immaginarselo. Subito corre la voce che la giovane è viva. Accorrono tutti, e anche il principe, e le domandano la sua storia. Ed ella conta punto per punto quanto le era accaduto dal dì che la madre l’aveva mandata a essere uccisa. Il principe, fuori di sè per l’allegrezza, la abbraccia e dice: Io t’ho salvata, e tu sarai mia sposa. - Si fecero le nozze belle e sontuose con gioia di tutti e con grande rabbia della cattiva ostessa.

Commento

Curiosa versione proletaria di Biancaneve, con una ostessa nel ruolo della regina cattiva e una banda di ladroni in quello dei sette nani. Per il resto poco da dire, perché segue a grandi linee lo stesso copione della fiaba proposta nella versione dei fratelli Grimm, per limitarci a quella forse più famosa tra i non appassionati di racconti popolari.

Sono interessanti i vari tentativi di omicidio di cui è vittima la ragazza. Se il primo si risolve col solito abbandono nel bosco, mentre il cuore di un animale è consegnato alla “regina” come prova della morte, i due successivi attentati magici utilizzano entrambi lo stesso sistema: un oggetto magico, che fa sembrare morta la persona che lo indossa. Un pettine nel primo caso, un anello nel secondo, ma il risultato è identico, ossia un fallimento inevitabile, dato che la magia utilizzata non uccide il bersaglio, ma lo fa soltanto cadere in una morte apparente, che protegge anche da fame, sete e scorrere del tempo.

Si può sospettare che alla base di tutte queste storie vi sia un qualche antico mito stagionale, oppure solare, e in passato interpretazioni di questo genere andavano di moda ed erano applicate più o meno a qualunque racconto rimanesse fermo abbastanza a lungo. Forse però è meglio lasciarle perdere: l’abuso di queste letture le ha rese oltremodo fastidiose.