Come un uomo ebbe la meglio su due volpi
Un uomo andò tra le montagne per raccogliere corteccia con cui fare corde e trovò un buco. A questo buco venne una volpe, che parlò come segue nel linguaggio umano, benché fosse una volpe: «Io so di qualcosa da cui si può trarre grande profitto. Andiamo domani in quel posto!» A questo, la volpe dentro il buco rispose come segue: «Di quale cosa profittevole stai parlando? Dopo averlo sentito, verrò con te se sembra davvero profittevole; se no, no.» La volpe all’esterno disse: «La cosa profittevole che deve essere fatta è questa. Verrò qui domani verso il periodo del pasto di mezzogiorno. Tu dovrai aspettarmi qui, allora, e noi andremo via assieme. Se tu prendi la forma di un cavallo e andiamo via assieme, mentre io prendo la forma di un uomo e cavalco sulla tua schiena, noi scenderemo alla spiaggia, dove abitano esseri umani che possiedono un sacco di cibo e ogni sorta di altre cose. Siccome tra quelle persone ci sarà sicuramente qualcuno che vuole un cavallo, io ti venderò a chi vuole un cavallo. Potrò poi comprare una gran quantità di cose preziose e di cibo. Poi io scapperò via e tu, con l’aspetto di un cavallo, sarai portato fuori a mangiare erba e ti legheranno da qualche parte sulla collina. Allora, se io vengo e ti aiuto a scappare e ci dividiamo tra noi le cose preziose e il cibo, sarà profittevole per entrambi.» Così parlò la volpe all’esterno del buco; e la volpe all’interno ne fu molto contenta e disse: «Vieni a prendermi presto, domani, e andremo via assieme.»
L’uomo era nascosto all’ombra dell’albero e stava ascoltando. Allora la volpe che era rimasta fuori se ne andò via e anche l’uomo se ne tornò a casa per la notte. Ma tornò indietro il giorno dopo all’ingresso del buco e parlò così, imitando la voce della volpe che aveva sentito parlare fuori dal buco il giorno precedente: «Eccomi qui. Vieni subito fuori! Se ti trasformerai in un cavallo, scenderemo alla spiaggia.» La volpe uscì. Era una grossa volpe. L’uomo disse: «Sono arrivato già trasformato in un uomo. Se ti trasformi in cavallo, non avrà importanza anche se siamo visti da altre persone.» La volpe si scosse e divenne un grande cavallo castano. Allora i due se ne andarono assieme e arrivarono a un villaggio molto ricco, dotato di ogni cosa in abbondanza. L’uomo disse: «Venderò questo cavallo a chiunque ne voglia uno.» Siccome il cavallo era un esemplare molto buono, tutti lo volevano comprare. Così l’uomo lo barattò per una buona quantità di cibo e cose preziose, poi se ne andò via.
Ora, il cavallo era così straordinariamente bello che al suo nuovo proprietario non piaceva lasciarlo lì all’esterno, ma lo tenne sempre in casa. Chiudeva la porta e chiudeva la finestra, e tagliava erba da dargli da mangiare. Anche se lo nutriva, però, il cavallo non poteva proprio mangiare erba (essendo in realtà una volpe). Tutto ciò che voleva era mangiare pesce. Dopo circa quattro giorni era prossimo a morire. Alla fine riuscì a scappare dalla finestra e corse a casa; e, arrivato al posto dove viveva l’altra volpe, la voleva uccidere. Scoprì però che lo scherzo gli era stato giocato non dal suo compagno volpe, ma dall’uomo. Così entrambe le volpi erano davvero arrabbiate e discussero su come trovare l’uomo e ucciderlo.
Anche se le due volpi avevano stabilito di fare così, l’uomo venne e porse umili scuse, dicendo: «Sono venuto l’altro giorno, perché avevo sentito voi due volpi complottare, e così vi ho imbrogliate. Per questo supplico umilmente il vostro perdono. Anche se voi mi uccidere, non ne ricaverete nulla di buono. Così, d’ora in avanti io preparerò sake per voi e vi offrirò simboli divini, e vi venererò: vi venererò per sempre. In questo modo ne ricaverete un profitto più grande di quello che ricavereste dall’uccidermi. Anche il pesce, ogni volta che farò una buona pesca, io ve lo offrirò come atto di venerazione. In questo modo, la creatura chiamata uomo vi venererà per sempre.»
Le volpi, udito questo, dissero: «Questo è ottimo, pensiamo. Questo ci andrà molto bene.» Così parlarono le volpi. Così è successo che tutti gli uomini, sia giapponesi che ainu, venerano la volpe. Così è detto.
(Tradotta letteralmente. Raccontata da Ishanashte il 15 luglio 1886.)
Commento
La volpe è un altro trickster della tradizione ainu, anche se decisamente più potente della lepre e spesso molto più pericolosa: in alcune storie, la volpe può essere quasi descritta come demoniaca, piuttosto che come un semplice trickster. Nello specifico, la cultura ainu distingue due tipi di volpe: la volpe rossa, chiamata cironnup, e la volpe nera (oppure bianca, a seconda della zona), chiamata situnpe. La prima è dispettosa, sì, ma non è un pericolo vero e proprio, perché i suoi poteri sono comunque limitati; la seconda è tutta un’altra storia.
Se la cironnup compare nel folklore ainu in ruoli simili a quelli di una kitsune giapponese, in linea di massima, la situnpe era considerata invece una delle divinità potenti che vivevano in montagna. Una caratteristica tipica della situnpe era la capacità di percepire in anticipo i cambiamenti nella natura e avvertire gli ainu dei pericoli in arrivo. A volte. Se ne aveva voglia. Perché una situnpe poteva sì essere un personaggio positivo e benevolo, che teneva d’occhio i villaggi ainu e li avvertiva di inondazioni, incendi, terremoti, eruzioni vulcaniche e altri cataclismi naturali in arrivo, ma poteva anche essere malvagia e in quel caso erano guai grossi. In altri termini, la situnpe è potente, ma non sempre usa i suoi poteri a fin di bene: dipende da come le gira in quel momento.
Alla situnpe è inoltre legato un tipo particolare di divinazione, praticata utilizzando il teschio di una di queste volpi. Lo situnpe marapto, infatti, era una cerimonia in cui si ricorreva a un teschio di volpe per trovare il colpevole di qualcosa; una descrizione della cerimonia si può leggere in The Ainu and their folk-lore di John Batchelor, pagg. 351-354, ma la riassumeremo qui. Il celebrante e l’indiziato si sedevano uno di fronte all’altro, poi il celebrante prendeva il teschio di volpe, recitava qualche preghiera, staccava la mandibola inferiore e la posava sulla propria testa, coi denti rivolti verso l’alto. La faceva quindi scivolare delicatamente al suolo e il modo in cui la mandibola cadeva determinava il risultato della divinazione: se cadeva coi denti verso il basso, l’indiziato era colpevole; se cadeva coi denti verso l’alto, l’indiziato era innocente. Il colpevole indicato da questo rito è chiamato koniwok o, in forma estesa, akoniwok kur, ossia la persona che è stata additata.
Il teschio conservato per queste funzioni era chiamato niwok, oppure aesaman, mentre il termine niwok-ki era un modo alternativo per indicare la divinazione descritta in precedenza, nonché altri tipi di divinazione eseguiti utilizzando il teschio. Niente di così strano, dato che alla volpe stessa erano attribuite capacità divinatorie: poteva avvisare gli ainu dei pericoli in arrivo, come già abbiamo detto. Che anche il suo teschio, ossia il luogo in cui risiedeva lo spirito di un animale prima di essere congedato, potesse conservare capacità predittive anche dopo la partenza dello spirito che vi abitava, sembra un passaggio del tutto ragionevole, date quelle particolari premesse.
Le volpi che troviamo in questi racconti raccolti da Chamberlain sono cironnup, ossia il tipo dispettoso ma non veramente pericoloso, famose per la loro capacità di trasformarsi, ma anche per una intelligenza non troppo grande e dunque capaci di essere raggirate dall’eroe umano di turno. Come possiamo vedere anche in questa storia, infatti, gli umani le possono ingannare, se usano una certa astuzia, ma alla fine dei conti è sempre più prudente fare pace con loro, perché non si sa mai.
La cironnup compare in un buon numero di racconti in cui cerca di procurarsi un essere umano come marito o moglie, a seconda dei casi. Un esempio lo vedremo più avanti. Considerato che le volpi erano capaci di cambiare forma senza alcuna difficoltà e che, in ogni caso, gli ainu pensavano che gli animali fossero antropomorfi, quando si trovavano nel loro mondo e si erano spogliati del “vestito animale” che indossavano di solito, la cosa risulta molto meno stramba di quanto potrebbe apparire a prima vista.