Adriano - racconti e altro

La galassia di Madre - 74

Fu una serata strana, quella che attese Matteo Kori. Strana dal suo punto di vista, quantomeno. Non spiacevole, perché la presunta collega di Chakra si dimostrò più simpatica di quanto fosse sembrata a prima vista, ma soprattutto più di quanto lui si sarebbe aspettato da una collega di Chakra, ossia una persona che lavorava in uno studio legale. Non che Matteo avesse qualche idea preconcetta di avvocati e variazioni sul tema, beninteso: le idee che col tempo aveva formulato in proposito erano tutte precise, chiare e motivate, fondate sulla più solida delle basi accessibili a qualsiasi esemplare di homo sapiens, ossia il “secondo me deve per forza essere così, è evidente”, nonché corroborate da una lunga serie di luoghi comuni ben definiti in ogni tipo di storia da lui letta e in molte di quelle che non aveva letto, ma di cui aveva sentito parlare. Convivere con Chakra, poi, non aveva aiutato a farsi opinioni migliori su chiunque avesse a che fare con leggi e diritto. Scoprire quindi che, almeno in quel particolare caso specifico, le sue idee erano del tutto infondate per non dire false, fu la prima sorpresa della serata.

No, non la prima. La prima fu in effetti il nome dell’ospite, che costrinse Matteo a un famigerato e infame salvataggio in corner, con morso di lingua incorporato, per evitare incidenti diplomatici che, se fossero avvenuti, gli avrebbero probabilmente cambiato la permanenza su quel pianeta. Con ogni probabilità non in meglio. O forse no, non avrebbe fatto la minima differenza, sul lungo termine, a parte lasciare una pessima impressione di sé alla vittima del suddetto incidente diplomatico. Ma non avvenne e questo è l’importante.

Fu infatti con grande presenza di spirito che Matteo adottò la sua migliore faccia bovina, quando la donna si presentò, riducendo a un grugnito soffocato tutta la sua sorpresa davanti al nome di Andrea Fartswell, presunta collega di Chakra.

«C’è qualcosa che non va?» gli chiese la donna, mentre Matteo le stringeva ancora la mano con una espressione da mucca al pascolo. Chakra, lì accanto, li osservava impassibile, almeno all’esterno, in una premurosa e falsa preoccupazione da buon padrone di casa pronto a truffarti.

«No, è solo la... sorpresa,» bofonchiò Matteo, la lingua dolorante per il morso con cui aveva dovuto frenarne gli eccessi. «È un nome un po’... insolito. Ecco.»

«Non mi sembra particolarmente insolito,» rispose lei. «Mio padre era terrestre, come te, a quanto dice il tuo amico Chakra. Sulla Terra è un nome piuttosto comune, credo.»

Matteo lottò con la sincerità e perse. «Beh, è il... nome, Andrea, sì. Non è un nome femminile.»

«Davvero? Mio padre diceva che era usato abbastanza spesso, almeno nella sua zona di origine.»

«Er... beh, sì, ecco, in alcune zone è usato anche per le femmine, d’accordo, ma voglio dire, se noi guardiamo al significato della parola, cioè, a quello che Andrea vuol dire...»

«Sì?»

«Ecco... non è proprio da donna, no? Voglio dire, significa più o meno “uomo virile” e, beh, è come chiamare la propria figlia Macho, no? Un po’... strano. Se ci si pensa bene. Ecco. Insomma.»

«Evidentemente a mio padre piaceva così,» concluse Andrea Fartswell, con un’alzata di spalle. Del nome non si parlò più e per Matteo fu un sollievo. Un vero sollievo. Soprattutto perché non si parlò più neppure del cognome. Dovrà pur sapere cosa significa, no?, si chiese, mentre Chakra virava la chiacchierata verso altri lidi. Che quella Andrea lo sapesse o meno, però, non sarebbe certo stato lui a parlarne. Mai e poi mai. Chissà che razza di vita miserabile doveva avere fatto il padre a scuola... Matteo non lo invidiava. Poveraccio.

Ma era la prima volta che Chakra invitava a casa un collega di lavoro, di qualunque sesso fosse quel collega e per un qualunque valore di casa, che nello specifico significava un miniappartamento nella periferia di Shun Yao, non proprio ricco e non proprio accogliente. Non pareva il posto migliore per dare ricevimenti. Era insolito, ma in fondo erano finiti su un pianeta insolito, per cui forse tutto si compensava, in un qualche modo. Oh beh, pazienza.

La collega in questione, Andrea Fartswell, era una donna che poteva essere più o meno sui trenta o dintorni, forse poco più o forse poco meno. L’abilità di Matteo nello stimare l’età di una persona al primo sguardo era seconda soltanto alla sua capacità di risolvere a mente equazioni quadratiche con la testa infilata in un forno acceso, mentre due barboncini ballano un tango appassionato sulla sua schiena. In altri termini, Andrea avrebbe anche potuto avere sessanta anni ben conservati e sarebbe stata comunque collocata “più o meno sulla trentina”. Dettagli anagrafici a parte, aveva capelli scuri e lisci di lunghezza media, pelle abbastanza abbronzata ed espressione da maestra delle elementari non troppo arcigna. Niente di così particolare, nel complesso. Poi la conversazione virò verso brevi e rapidi dettagli biografici, tanto per concludere le reciproche presentazioni sommarie, e Matteo la trovò d’improvviso più interessante, su un piano accademico.

Suo padre era un terrestre, che aveva studiato su Varuna e vi era poi rimasto a lavorare e vivere, non perché amasse il posto in generale, ma perché ne aveva apprezzato una porzione molto piccola, cioè le donna che poi avrebbe sposato. «Ed è stata una pessima idea, credetemi,» aggiunse Andrea. «Se proprio volevano, avrebbero fatto meglio ad andarsene da un’altra parte assieme, invece di restare su Varuna. Non è un buon posto per essere di cultura mista.»

«Fa davvero così schifo?» chiese Matteo.

«Ci arriveremo poi, semmai.»

Così Andrea Fartswell era nata su Varuna, era cresciuta su Varuna, aveva studiato su Varuna, si era laureata su Varuna e poi era fuggita da Varuna, finendo su Laozi, la nuova colonia (per un valore ben definito di nuova), progettata a tavolino dopo i pessimi risultati di Varuna stesso. «Che questo esperimento sia riuscito o meno resta tutto da vedere e per adesso preferisco non esprimermi, ma da parecchi punti di vista è un posto migliore, questo sì. Anche se alla lunga penso che potrebbe darmi sui nervi. È tutto troppo posticcio, qui.»

Ma non spiegò cosa intendesse per posticcio, né volle continuare con quel discorso. Fu lei a passare all’attacco con blande domande personali e si concentrò soprattutto su Matteo, forse perché sapeva già a sufficienza su Chakra, essendo colleghi di lavoro e tutto quanto. Fosse come fosse, fu sorpresa nello scoprire che anche lui era terrestre, ma per intero, mentre la notizia che avesse scelto di andare a studiare su un altro pianeta non la sorprese affatto.

«Normale. Lo ha fatto anche mio padre e, per quanto ne diceva, molti giovani terrestri andavano via il prima possibile, almeno ai suoi tempi. Non so come sia adesso, non mi sono mai interessata molto alle questioni di casa, o almeno del posto da cui proviene una porzione dei miei antenati. Non trovo che abbiano alcuna rilevanza con la mia vita attuale.»

«Da cui provengono tutti i tuoi antenati, tecnicamente,» disse Matteo. «È da lì che vengono tutti gli esseri umani, almeno in origine, e non è che essere partiti un paio di secoli prima o dopo faccia poi una grande differenza, secondo me. Anche su Lakshmi parlano della Terra come se fosse un pianeta che non ha mai avuto alcun legame con loro, non capisco.»

«È sempre così puntiglioso e anale, non farci caso,» intervenne Chakra sorridendo. «Deve essere un vizio di forma dei letterati o qualcosa del genere. Meglio non dargli troppa corda, serve solo a farlo peggiorare. Bisogna sopportarlo così, finché non legalizzeranno anche quel tipo di eutanasia.»

«Sei sempre simpatico, guarda,» disse Matteo.

«Lo è anche in ufficio,» disse Andrea. «Almeno quando non ci sono i titolari dello studio. Con loro, invece, lo vedi sempre strisciare e leccare, da bravo cagnolino.»

«Ma così mi rovini la reputazione, suvvia! Io non striscio e lecco. Cerco di intrufolarmi servilmente per guadagnare la loro fiducia e poi fuggire una volta che ho messo le mie luride e avide manacce su ciò che desidero. Sono un verme, ma a fin di bene. Il mio bene.»

«I famigerati documenti del caso Arunachalam, eh?»

«Naturalmente. È l’unico motivo per cui sono entrato nello studio. Oltre a guadagnare quello che mi serve per campare, ovvio. Il mio terrestre domestico è un incapace totale quando si tratta di soldi e la vita qui su Laozi è così schifosamente cara...»

«Su Varuna può essere peggio, se sei del tipo sbagliato nel posto sbagliato. Comunque dubito che ti riuscirà di avere quei documenti, te l’ho già detto.»

«Perché il capo ha il braccino corto, sono segreti, questo e quello e così via, lo so. Staremo a vedere. Se ancora non lo hai notato, scoprirai che so essere estremamente tignoso e determinato, quando mi torna utile esserlo o quando ho un valido motivo per mettermici d’impegno.»

Matteo osservava in silenzio. Dei documenti non sapeva nulla, né gli interessava qualcosa. Erano la storia di un qualche caso giudiziario tra Rudra e Laozi, costruito attorno a un certo Arunachalam, o forse causato da un certo Arunachalam, quello che era. Per quanto contava, erano la ragione per cui Chakra aveva deciso di farsi quell’anno sabbatico in giro, almeno ufficialmente, e sarebbero serviti per la sua tesi o giù di lì. Una ragione valida come qualunque altra. Lui era più interessato semmai al motivo per cui l’amico si era portato un ospite a casa, o meglio una ospite, sempre ammesso che Chakra avesse realmente bisogno di un motivo logico per fare qualcosa. Forse sì, ma Matteo non lo aveva ancora scoperto, dopo quasi tre anni che si conoscevano.

Poi i due legulei smisero di dibattere su questioni astratte e impalpabili, come documenti di processi e vita in ufficio, e Matteo fu richiamato alla realtà della conversazione in modo imprevisto e certo impiacevole, anche se quella parola non esiste o, se non altro, non è ammessa nella lingua corretta, pur formando una gradevole im-coppia grafica con imprevisto. A richiamarlo fu la menzione di una cosa che Matteo avrebbe preferito tenere per sé, ma Chakra era di parere opposto e così ne parlò. In fondo raccontare i fatti altrui è sempre componente bene accetta e approvata di ogni chiacchierata in buona compagnia, ma anche in cattiva compagnia.

«Così tuo fratello minore sarebbe fuggito all’estero sotto falso nome?» chiese Andrea Fartswell, in un momento in cui gli occhi di Matteo erano girati verso di loro, anche senza l’accompagnamento della mente, in tutt’altre faccende affaccendata. Inseguiva libellule nei prati, forse.

La mente tornò a casa di corsa. «Beh, sono stato avvisato che si è recato su Madre, sì, ma... come lo sai, scusa? Non mi pare di averne parlato,» fu la risposta che seppe improvvisare.

«Ne ho parlato io, naturalmente,» disse Chakra. «Un avvocato può sempre tornarti utile in futuro, in particolare uno che non sia direttamente coinvolto col tuo caso.»

Matteo si astenne con estrema diplomazia dall’esprimere un parere sull’amico e la sua lingua lunga, specie quando l’argomento erano gli affari di qualcun altro. Si ripromise però di rispondere poi con orribili e ributtanti vendette trasversali, da compiere ai danni della cena di Chakra ogni volta che la cucina fosse toccata a lui. O, più precisamente, il riscaldamento degli alimenti, che faceva funzione di cucina, come accade per molte altre persone antidomestiche in ogni angolo e in ogni retta della galassia antropizzata.

«Spero che questo non ti abbia causato problemi, davvero, ma l’ho trovato un caso interessante, il tuo, non tanto per la circostanza di un parente che fugge su un altro pianeta per sottrarsi a possibili incomprensioni con le leggi locali, ma perché al centro vi è proprio Madre, un pianeta che in questi ultimi tempi si è trovato spesso ad attirare l’attenzione interplanetaria, come saprai.»

«I giganti gassosi?» chiese Matteo.

«I giganti gassosi, sì. E altre cose. La questione dei giganti gassosi, però, è di particolare interesse per la nostra professione, come potrai immaginare; non tanto per la scoperta in sé, che senza dubbio è importante per astronomi, planetologi e chissà quante altre discipline, ma per la causa che proprio l’Ufficio per la Colonizzazione terrestre ha intentato contro il professor Chang e tutta la fondazione Chen-Cohimbra. Pare che questo Chang avrebbe rubato la scoperta a un dipendente dell’Ufficio che si trovava su Svarga per motivi di studio, e fin qui niente di strano, ci sono numerosi precedenti di questo tipo, a volte conclusi con una vittoria della presunta vittima e a volte con una vittoria per il presunto ladro, ma stavolta sembra che la causa sia destinata a risolversi a piani molto più alti, se si risolverà, e questo potrebbe costituire un precedente di enorme rilevanza, se...»

«O potrebbe anche degenerare in una guerra, se entrambi saranno stupidi a sufficienza,» intervenne Chakra con un sorriso. «Mai sottovalutare gli umani, quando si tratta di stupidaggini.»

«Stavo parlando seriamente, Chakra.»

«Ma anch’io sto parlando seriamente! Non sarebbe il primo caso in cui una contesa giuridica, o una contesa formalmente risolvibile in un tribunale scannandosi in giacca e cravatta, si è risolta fuori dai tribunali e senza cravatte. Vero, si è sempre trattato di guerre commerciali e roba simile, almeno di recente, ma non si sa mai, no? Come dicevo, la sola cosa su cui puoi sempre contare è la stupidità di un essere umano. È praticamente una regola dell’universo.»

I due continuarono ancora un poco su quel tema e Matteo si stava ormai rilassando, certo che ogni accenno al fratello fosse ormai dimenticato, quando la realtà lo smentì, nella voce pacata e forse un poco infastidita di Andrea.

«Comunque lasciamo perdere, nessuno sarà mai così stupido da scannarsi per una scoperta che ha sì una grande rilevanza, ma solo su un piano accademico. Dicevamo di tuo fratello, giusto? Hai avuto altre notizie sul suo conto di recente, Matteo?»

No, non ne aveva avute. Non era neppure stato su Lakshmi, di recente, o aveva segnalato la propria posizione alle ambasciate terrestri, per cui dubitava che, in ogni caso, avrebbe potuto ricevere altre notizie, almeno non nell’immediato. D’altra parte non aveva neppure fretta di riceverne. Un giorno sì, prima o poi, ma adesso? Meglio di no, tanto non ci avrebbe potuto fare niente. Inoltre, non è che lui sapesse di preciso cosa fosse successo, al di là delle notizie ricevute dai funzionari durante il suo soggiorno a Nuova Kalighat, che erano state pure scarne.

«E non ti piacerebbe sapere qualcosa su di lui? Rientra nei tuoi diritti, dopotutto.»

«Mah, più avanti, magari, ma non è che adesso ci potrei fare qualcosa. Neanche dopo, credo, ma in particolare adesso, che sono da tutt’altra parte e non ho niente a cui attaccarmi. Per cui direi che per il momento preferisco rimanere così come sono ed evitare altre preoccupazioni. Al resto penserò poi con calma, se sarà necessario.»

«Come ti ho detto, è un’ameba travestita da ominide, è inutile cercare di spingerlo a fare qualcosa,» disse Chakra. «Io ho dovuto quasi usare la forza per staccarlo dal divano su Lakshmi, vedi tu.»

«Vuoi che mi metta in piedi e con le braccia larghe, così puoi prendere la mira meglio per sputarmi addosso? Basta chiedere, eh,» disse Matteo col suo migliore tono da sentimenti offesi, che sempre provocava nell’amico un sorrisetto da aggressione violenta e insensata. Successe anche stavolta.

«E adesso comincia a contrarsi e contorcersi perché si sente ferito.» Chakra allargò le braccia. «Va sempre a finire così, quando gli parli.»

«Va sempre a finire così quando intervieni tu con le tue spiritosaggini,» disse Matteo. «A ogni modo Davide ha deciso di andare su Madre, per un qualunque motivo. Lo ha fatto dopo avere combinato qualcosa sulla Terra, ok, ma non è formalmente ricercato, no? In fondo ad avvisarmi sono venuti dei funzionari di ambasciata, per cui sanno chi sia e dove sia. Se ancora non lo hanno arrestato, vorrà dire che non è grave e se non è grave, beh, può anche aspettare un po’. Lo ha scelto lui, in fondo.»

Andrea Fartswell annuiva. «Sì, può anche essere vista così, senza dubbio. Io ti suggerire di sottrarre un poco di ottimismo e aggiungere un poco di cautela, ma in linea di massima puoi mantenere la tua posizione, almeno per adesso. Sempre che tuo fratello Davide non cerchi di mettersi in contatto con te, nel qual caso sarà davvero meglio che tu ti faccia assistere da un buon avvocato, giusto per stare sul sicuro. Non so se il tuo amico Chakra ne conosca, ma...»

«Io sono un ottimo avvocato,» rispose l’interpellato.

«Tu non sei un avvocato; sei uno studente. A ogni modo, ora come ora io non ti affiderei neppure la difesa di un cane accusato di avere scavato in giardino rovinando i fiori della padrona di casa.»

«Mi riempie sempre il cuore di gioia sentirmi così stimato da tutti. È bello sapere che chiunque può riconoscere le tue qualità già a prima vista. Mi dà la carica, mi solleva al di sopra delle piccole, vane preoccupazioni quotidiane, mi...»

«Magari ti facesse tacere un poco. Ma lo sai cosa combina questo qui in ufficio?» chiese Andrea, di nuovo rivolta a Matteo.

«No, non lo so. Cosa combina?»

«Non sono argomenti che tu troveresti interessanti, quindi propongo di passare ad altro,» intervenne Chakra. «Dicevamo del tuo fratello prodigo, che è fuggito...»

«No, no, parliamo pure di quello che fai in ufficio. Sembra interessante.»

«E allora parliamone!» Chakra allargò di nuovo le braccia. «Ma sappi che te ne pentirai.»

Ne parlarono e ci fu materiale a sufficienza da riempire il resto della serata. Quando l’ospite se ne fu andata, Matteo rimase per un poco da solo a riordinare e ripulire, nel silenzio di un monolocale che il coinquilino aveva disertato per non perdere la propria dose quotidiana di locali notturni. Non che a Shun Yao i locali notturni fossero un granché, almeno secondo Chakra, ma era un’abitudine in lui così radicata che non vi avrebbe potuto rinunciare, neppure in una città abbandonata e in rovina.

Era stata... già, una serata insolita. Una ospite che era per metà terrestre, per intero avvocato e, sì, lo doveva ammettere, nel complesso piuttosto simpatica. Avevano saltabeccato qui e là tra le questioni biografiche, c’era stato un momento di preoccupazione quando la carta Davide era finita sul tavolo, ma tutto si era risolto in modo indolore, almeno in apparenza. Poteva finire peggio, molto peggio. E gli aneddoti sul Chakra da ufficio erano stato divertenti, anche se non del tutto inaspettati. Simile al Chakra accademico, in fondo, ma anche al Chakra che aveva visto più volte a Varshi, quando c’era Sharma nei dintorni a fargli da freno. In ufficio ci metteva una robusta dose di servilismo in più, in apparenza, ma erano dettagli, giusto per insaporire il piatto.

Gli aveva anche lasciato un contatto, quella Andrea Fartswell (maledizione, sarebbe mai riuscito a pensare al suo nome senza dover soffocare una risata?). Nel caso avesse mai bisogno di un consulto legale o altro, aveva aggiunto. Matteo non riteneva che ne avrebbe mai avuto bisogno, ma aggiunse il contatto alla sua scarna collezione. Giusto per. Tutto si sarebbe concluso lì, senza dubbio.

Così sembrò nei giorni successivi, che furono fatti di lezioni e normale, banale vita domestica. Più esperienze raccoglieva come lettore, nonché pseudoinsegnante per scolari di bocca buona, più una convinzione si radicava nella sua mente: qualunque fosse stato il suo progetto iniziale, ammesso che lo si potesse davvero degnare di un epiteto come “progetto”, l’insegnamento non sarebbe mai stato nel suo futuro, non in forma stabile, non come unico riempitivo delle giornate. Era... stancante, sì, e le soddisfazioni che gli dava, nei rari casi in cui gliene dava, erano incomparabilmente inferiori alle energie che gli richiedeva. Un lavoro in passivo, insomma, ma passivo grave, da bancarotta a breve termine e senza attenuanti. Cosa gli era passato per la testa di sognare un futuro da docente, dopo la laurea su Lakshmi? No, su questo Chakra aveva ragione: doveva davvero pensare sul serio a cosa ci potesse essere di interessante là fuori con cui riempire le sue giornate. E la sua vita, magari. E anche le intercapedini, già che era nelle spese.

I notiziari alla sera gli parlavano sempre di cose lontane, fatti che avvenivano su altri pianeti o che cambiavano e rimescolavano le relazioni tra i mondi, nuove scoperte, nuove coperte, nuove metà e metà. Altri attentati su Rudra, che per un attimo gli riportarono alla mente la faccia sperduta e molto confusa di Tran Quang Hai, lo spalatore disperato che guardava chissà quale realtà da dietro le lenti tonde dei suoi occhiali antiquati; un gruppo di studiosi che sarebbe partito a breve da Agni diretto su Madre, dove avrebbero collaborato alle ricerche su una qualche pietra; una crisi finanziaria di una certa entità su Indra, collegata forse a certe restrizioni negli scambi di alta tecnologia con Kala, o così sostenevano alcuni economisti in doppiopetto e sorriso patinato; e poi e poi. gli C’era fermento, là fuori, o qualcosa abbastanza simile da poterlo sembrare, tipo la vita che brulica nelle carcasse.

Non su Laozi. I notiziari di Laozi erano... piatti. Non succedeva mai niente, o almeno niente che per una specie evoluta fosse degno di essere considerato “notizia”: niente stragi, niente incidenti, niente crisi, niente morti. Neppure Lakshmi era stato così piatto. Che razza di mondo! A Matteo piaceva, da una certa prospettiva e in dosi moderate, perché in fondo anche la sua vita era piatta, sprovvista di eventi interessanti e vivaci. Eppure... lo inquietava, anche. A volte sembrava davvero di essere in una storia di zombi e roba simile. Zombi gentili, premurosi, cortesi, ma pur sempre zombi. Morti e felici, o morti e tranquilli, che si muovono attorno a te, ti salutano, ti sorridono e ti fissano. Quello in particolare. Ti fissano. Sorridendo.

Ma era meglio non farci troppo caso. Non ci faceva caso una mattina festiva, quando uscì di casa a un orario che forse poteva essere descritto come “presto”, ma era anche tardi a sufficienza da avere già riempito le strade di altre persone. Chakra era rimasto a letto, con l’aria di chi non si voleva più muovere fino al giorno dopo, ma soprattutto con l’aria di chi stava dormendo, e l’appartamento era un guscio che offriva tanti svaghi quanti una mosca morta. Così Matteo uscì, vagò per un po’ senza meta, vagò un altro poco per passare il tempo, infine sentì una voce che lo chiamava relativamente nota ma soprattutto assai reale, che era sempre rassicurante: voci incorporee che ti parlano non sono mai una buona premessa per una vita tranquilla, in nessun caso. Nello specifico, però, era la voce di Andrea Fartswell, che forse non era comunque una buona premessa.

Era uscita presto perché era sua abitudine uscire presto nei giorni festivi, o così gli disse. Matteo si prese un attimo di silenzio per esaminare questa affermazione e paragonare il concetto di “presto” che la donna sembrava possedere a quello che, dal suo punto di vista, era il significato accettato dal maggior numero della comunità. Le undici del mattino erano parecchio difficili da catalogare come presto, ma forse lo erano per gli avvocati, o almeno per il particolare avvocato che gli stava davanti. D’altra parte, Chakra pensava che nessuna giornata sana e conscia dovesse includere per due volte le ore dieci (o le ore nove, otto, sette) e che la loro prima occorrenza dovesse essere rimossa con cura, meglio se seppellita nel sonno, per cui forse era una questione professionale o giù di lì.

Chiacchierarono un poco del più e del meno, dedicandosi soprattutto al passatempo più frequente e apprezzato per due persone che si conoscono alla lontana, da saluto o giù di lì, ma hanno un qualche tipo di amico in comune: sparlare a volontà del summenzionato amico comune. Così, quando già la riserva di aneddoti su Chakra e derisioni ai danni di Chakra si stava esaurendo, lasciando vedere un fondale brullo e secco, su cui non poteva crescere nulla a parte un “tanti saluti e alla prossima”, fu Matteo a trovare un nuovo argomento, a caso e senza neppure rifletterci.

«Mi chiedo perché ti guardano sempre di continuo, quando passi,» disse, mentre camminavano per un viale popolato di gente del posto che sorrideva, salutava e fissava. «Anche con Chakra, quando andiamo da qualche parte abbiamo sempre il pubblico che fissa. Non capisco.»

E tutto si sarebbe potuto concludere così, con una osservazione che non si aspettava risposte reali, ma era pura funzione fatica o poco più, variazione sul tema del tradizionale o tempora o mores, con cui generazioni incalcolabili di umani hanno modulato le proprie emissioni di anidride carbonica al solo scopo di ottenere un grugnito di approvazione dagli esemplari circostanti e riempire qualche secondo della propria esistenza. Non successe, in quel caso, perché Andrea non solo prese sul serio il commento, ma rispose pure, e lo fece con una affermazione che pregava per nuovi interventi. O, se non proprio pregava, era almeno un tipo di esca a cui Matteo non seppe dire di no.

«Perché siamo intrusi nell’alveare, ecco perché guardano.»

«Cosa significa, scusa?»

Andrea alzò le spalle. «Chakra ti ha spiegato come funziona la vita qui su Laozi, vero?»

«Ehm, grossomodo, direi, ma...»

«Grossomodo può bastare. Laozi non è una colonia normale, perché non è abitata da gente normale. È ciò che ottieni dopo un fallimento come Varuna, soprattutto se affidi la soluzione a un gruppo che non spende abbastanza tempo all’aria aperta e i cui unici contatti umani passano attraverso schermi e dispositivi analoghi. Il modo migliore per correggere i difetti delle società è correggere i difetti dei componenti di quella società, ossia gli esseri umani. Noi. Gli abitanti di Laozi dovrebbero essere la versione riveduta e corretta degli umani. Ti pare il caso?»

«Beh, sono gentili, questo sì, ma...»

«Ma ti danno i brividi, come succede a chiunque venga da fuori. Succede anche a me e nel mio caso è pure peggio, da un certo punto di vista, perché quando sei qui da un po’, e sembri integrata, tutti cominciano a premere per convincerti a diventare davvero parte del gruppo. Integrarti, insomma. Lo fanno in modo gentile e cortese, senza esagerare, ma è... è la storia della goccia che scava la pietra, lo sai. Gutta cavat lapidem, se preferisci dirlo così. È dura continuare a resistere, ma è dura anche accettare le conseguenze di una completa integrazione.»

«Credo di non aver capito molto bene,» disse Matteo, che invece non aveva capito nulla, ma niente di niente, però non voleva fare una figura da zuccone completo e così cercò di attenuare il colpo, nel più vago presupposto che non avrebbe fatto differenza, perché la tizia era intenzionata a parlargli e spiegargli in ogni caso. Forse. O almeno se lo augurava.

«Hanno aumentato l’empatia negli abitanti, sai, per consentire una condivisione molto più profonda e immediata di gioie e dolori, facilitare il “mettersi nei panni di un altro” e così via. Più le persone si sentono un gruppo unico e compatto, meno ci saranno litigi, divisioni e problemi. Ricopri il tutto in paroloni lunghi e pescati da varie lingue a caso, pronuncialo con un tono debitamente accademico e avrai il modello da laboratorio su cui si è basata la colonizzazione di Laozi.»

«Sì, ok, fin qui ci sono, ma...»

«Ma non c’è molto altro da aggiungere, se hai seguito bene il discorso. Gli abitanti sono un gruppo, compatto e solido. Condividono tutti... qualcosa, non saprei dirti cosa di preciso, suppongo che solo uno del posto potrebbe farlo, perché non è proprio una esperienza comune tra noi umani normali. È forse come quello che provi quando senti di fare davvero parte di un insieme, come un soldato in un esercito estremamente addestrato ed efficiente, oppure un fan al concerto della sua star preferita, in mezzo a migliaia di altri fans attorno a lui che la pensano allo stesso modo, o anche il fanatico di un gruppo religioso che raggiunge il proprio luogo sacro e condivide chissà quale esperienza mistica con chissà quanti altri fanatici come lui. Sensazioni di quel tipo, no? Bene, la popolazione di Laozi le sperimenta quotidianamente, senza bisogno di fare nulla di particolare. Basta essere qui, parte del tutto, uno fra tanti. O almeno è l’idea che me ne sono fatta io, in base al poco che ho potuto sapere.»

«Non sembra un pianeta molto gradevole, se la metti così.» Matteo si sentì più consapevole che mai di tutti gli sguardi che si puntavano su di loro, mentre passavano per la strada. Guardavano e basta? O ascoltavano anche le conversazioni? Lakshmi gli era sembrato un brutto posto, in quel senso, con spioni ovunque e una forma di voyeurismo ossessivo-compulsivo che induceva alla paranoia come forma di autodifesa mentale, ma forse c’erano posti peggiori. Posti molto peggiori, dove anche quei miseri frammenti di privacy che ti restavano all’interno del cranio erano dissolti nel nulla, più estinti dei mitici panda e delle famose balenottere azzurre.

«Non è necessariamente un pianeta gradevole, ma lo sembra se hai conosciuto certe alternative.»

«Tipo Varuna?»

«Tipo Varuna, sì.»

Andrea Fartswell non aggiunse altro. Camminarono in silenzio e Matteo si sentì a disagio come più o meno sempre si sentiva quando era in compagnia di qualcuno. O, in termini più precisi, quando si trovava vicino a qualcuno, perché la compagnia richiedeva anche un certo stato mentale che lui non credeva di avere mai sperimentato in vita propria, se non di tanto in tanto da bambino, con Davide. Poi, più per disperazione e voglia di fuggire dal silenzio che per reale interesse, aggiunse di nuovo qualcosa a quello che, solo con tanto ottimismo, poteva essere descritto come dialogo.

«E, dunque, tu, intendi restare o, non so, andare via? Dicevi che...»

«Che ancora non ho deciso se scappare o restare, sì. E in effetti ancora non l’ho deciso. Laozi non è un brutto pianeta, in fondo, e anche gli abitanti non sono male. Si può vivere tranquilli, qui, se vuoi e se accetti certe condizioni. Come ospite non puoi restare per sempre, è ovvio, e anche così come è adesso non avrei un futuro vero e proprio. Resterò sempre una estranea, in ufficio. Se voglio restare, devo accettare in tutto lo stile di vita. Se voglio andare via... beh, nessuno mi tratterrà con la forza, è ovvio, ed è anche più ovvio che su Varuna non ci tornerei neppure dentro un’urna. Lavoro lo potrei trovare su qualunque altro pianeta, credo, però...»

«Però non hai ancora deciso.»

«Però non ho ancora deciso e non so quando deciderò. A voi comunque conviene partire non appena potete. A Chakra, soprattutto. Non è il genere di persona che piace agli abitanti del posto e neppure a lui penso che piaccia molto il posto. È meglio che parta, prima di mettersi in qualche guaio.»

«Sostiene di voler recuperare documenti su qualcosa, non so, un caso che gli serve per la tesi...»

«Sì, sì, lo so, ma non li otterrà mai. Il caso di Mahesh Arunachalam, no? Storia vecchia, abbastanza vicina agli inizi del pianeta, ma anche storia che a Laozi non piace. Voleva che glieli recuperassi io, perché sono qui da più tempo e si aspettava che, non so, io potessi mettere le mani ovunque, solita storia. Sbagliato su tutta la linea. Neppure io posso vedere quei documenti, perché vengo da fuori, capisci? Sono intrusa nell’alveare e l’alveare si protegge dagli intrusi. Non punge, d’accordo, o non ancora, ma si protegge lo stesso. Meglio che cambi argomento e vada a divertirsi altrove.»

Poi cambiarono argomento loro, perché Matteo si sentiva a disagio e parlare di Laozi con tutti quei passanti a fissarlo lo faceva sentire davvero il protagonista di un horror, di quelli che finiscono male o, a seconda dei punti di vista, finiscono bene per il mostro. Quel pomeriggio ripeté in una versione riveduta e corretta, ad usum Chakrae, i consigli che aveva ricevuto da Andrea, in particolare quello di dedicarsi ad altro e ripartire. Aveva una discreta voglia di ripartire, Matteo. Non che lì si trovasse male, ma... aveva voglia di viaggiare, soprattutto se il viaggio comportava un cambio di pianeta. Ma Chakra non era dello stesso parere, o anche solo di un parere limitrofo.

«Sì, sì, solita solfa, quello che mi aspettavo,» rispose l’amico. «Speravo che magari la tizia si fosse già arruffianata qualche pezzo grosso, ma mi è andata male. Oh beh, vorrà dire che mi arrangerò in altri modi. Lo sai che sono pieno di risorse, io.»

«Risorse non è esattamente la cosa di cui sei pieno, secondo me, ma lasciamo stare,» disse Matteo.

«È che non mi apprezzi abbastanza, tu. Ma vedrai che ripartiremo coi documenti che mi servono, in un modo o nell’altro. Non ti preoccupare. Anzi, aggiungerò: fidati di me. Là! Contento adesso?»

«Sei affidabile come il culo di un neonato, guarda.»

«Ma faccio sempre quello che dico, no?»

Matteo si avvalse della facoltà di non rispondere. Ok, Chakra stava pensando a qualche scemenza, come suo solito, e probabilmente oltre a pensare l’avrebbe anche messa in atto, se nessun dio o altra entità soprannaturale a scelta interveniva per folgorarlo. Il punto era: ci sarebbe finito di mezzo pure lui? Pressoché ovvio. Bisognava dunque pensare a come limitare i danni.

«Senti, ma cos’ha poi di tanto importante questa causa?» gli chiese, tanto per prendere tempo.

«Cos’ha di tanto importante? Non te l’ho già spiegato? Beh, è praticamente il caso di un tizio su cui l’incremento artificiale dell’empatia non ha funzionato molto bene, o non come doveva, oppure ha funzionato troppo, a seconda dei punti di vista. Una specie di scheletro nell’armadio locale, che per sfortuna di Laozi e dei suoi progettatori si è andato a intrecciare proprio con Rudra. Una parte del caso ce l’ho, tutta quella che riguardava Rudra, appunto, e non è stato piacevole neppure recuperare quei documenti, te lo assicuro, ma adesso mi serve anche il resto, che è qui. Penso che si rivelerà ancora più sgradevole da recuperare, per mia sfortuna.»

«E non puoi sceglierti un altro argomento, un poco più accessibile?»

Chakra sorrise dietro il pizzetto. «Potrei, ma non voglio. Non sarebbe divertente. E poi... ma al poi ci penseremo poi. Magari ti potrebbe anche riguardare, chissà.»

«Ne dubito proprio, guarda.»

«Ne dubito anch’io, l’ho detto solo per cercare di coinvolgerti e farti sentire interessante in chiave galattica. Non lo sei, sia ben chiaro, ma se ti convinci magari deciderai anche cosa fare della tua vita e tutto il resto. O vuoi fare il mantenuto eterno nell’asilo di Lakshmi?»

E con questo Chakra aveva cambiato argomento. Non voleva parlare della sua presunta ricerca, ok. Matteo non insistette. Avrebbe parlato comunque, prima o poi. Tacere non apparteneva alla natura di Chakra, qualunque essa fosse. Neppure le azioni che un essere umano avrebbe considerato più o meno intelligenti e razionali rientravano spesso nella natura dell’amico, ma quello era un altro paio di maniche. Oh beh, poteva andare peggio. Forse.

Cominciò ad andarlo qualche tempo dopo, quando Chakra si presentò a cena con la sua migliore (o peggiore) faccia da schiaffi. «Se non hai niente da fare, domani informati su tutte le partenze da qui per qualsiasi altro posto. Preparami una lista,» disse.

Pessimo inizio, secondo Matteo. «Stai progettando qualcosa di particolarmente stupido?»

«So come ottenere i documenti che mi servono. C’è però un piccolo effetto collaterale ed è questo il motivo per cui ti chiedo di informarti per tempo e in dettaglio.»

«E quale sarebbe questo piccolo effetto collaterale?»

«Quando li avrò ottenuti, dovremo cambiare pianeta molto in fretta.»

Matteo si rifugiò di nuovo nel silenzio. Che peccati aveva commesso per meritarsi quel compagno di avventura? Alla faccia dei lakshmiti responsabili… Meglio informarsi sulle partenze, per adesso. E magari preparare anche i bagagli. Giusto per sicurezza.

Risultò poi che di tempo ne avrebbe avuto ancora un poco, ma questo lo scoprì appunto poi. Intanto, Matteo procedette coi preparativi per il peggiore dei casi, che con Chakra sembrava non essere mai così lontano come potresti pensare tu. E altro tempo trascorse.