Adriano - racconti e altro

La galassia di Madre - 75

Per Matteo Kori i giorni continuavano a trascorrere uguali, confondendosi gli uni negli altri, a volte mescolandosi gli uni con gli altri, senza distinzione netta, senza qualcosa che li rendesse diversi. Un fluire di tempo, talvolta lutulento, molto più spesso indifferente e dimenticabile. Le lezioni di lingua e cultura terrestre davanti a classi di giovani del passato, brevi giri nella pacifica città di Shun Yao, a volte nelle vie interne e a volte sul lungomare, spedizioni a procacciarsi viveri e il necessario per la vita nel piccolo alloggio, serate a sopportare Chakra e fingere di non ascoltare le sue idee strane sul modo in cui si sarebbe procurato i documenti che desiderava, eccetera eccetera. Cose, niente altro: il ripieno scialbo che imbottisce l’esistenza, materia scura che compone il novanta per cento circa di una qualsiasi vita umana, massa invisibile e dimenticabile.

A spezzare d’improvviso la monotonia, invece di un acquazzone passava di tanto in tanto a trovarli Andrea Fartswell, la collega (ma più superiore che collega, in effetti) di Chakra, il cui nome Matteo solo a fatica riusciva a sentire o pensare senza ridere, e in quelle occasioni i due legali (avvocato vero lei, semplice aspirante lui) si perdevano in chiacchiere sul lavoro, i titolari dello studio e altre cose che a un letterato forse mancato ma sicuramente smarrito erano di interesse molto prossimo al costo delle melanzane in Australia. Tutto tranquillo, tutto regolare. In superficie.

Sotto la superficie la storia era un poco diversa. O così Matteo si illudeva di percepire, come forma di autodifesa dal nulla, in un vano e forse disperato tentativo di affrescare la propria vita con la vaga e sottile patina di letterarietà che sempre prediligeva, ma mai trovava. Doveva esserci sotto qualcosa e lui lo avrebbe scoperto. Forse. O forse avrebbe preferito non saperlo. L’importante, in fondo, era che un evento qualunque accadesse. Per quanto superficialmente gradevole, il mondo cominciava davvero ad annoiarlo: cambiare aria non gli sarebbe poi dispiaciuto.

Ma Chakra complottava qualcosa. Qualcosa di estremamente stupido. Matteo sapeva o sospettava a grandi linee cosa fosse, almeno a un livello dichiarativo, ma come poi si sarebbe dovuto svolgere al livello, per così dire, procedurale, invece, era un dettaglio che preferiva non conoscere. L’ignoranza poteva essere un bene, nonché una protezione, quando c’era di mezzo Chakra. Matteo si era però attenuto agli ordini che l’amico gli aveva dato, almeno nei limiti delle sue possibilità, e aveva steso un calendario di tutti i voli in partenza dalla stazione orbitale di Laozi, con date, orari, destinazioni, prezzi e tutto quello che, a suo parere, poteva essere utile sapere. Chakra aveva ringraziato.

«Ma se hai davvero in programma di partire così in fretta, ci sarà almeno tempo di invertire, sai, le piccole modifiche che ci hanno fatto all’arrivo, prima di lasciarci entrare come visitatori?» aveva chiesto una sera, mentre mangiavano qualcosa che poteva anche ricordare una bistecca, a patto che tu non avessi mai conosciuto il sapore della carne reale e magari neanche il suo aspetto.

«Hai in programma di abbassare ulteriormente la qualità media della specie umana, diffondendo i tuoi geni tutt’altro che geniali?» aveva risposto Chakra col suo solito sorrisetto.

«No, non esattamente e non al momento, ma gradirei comunque lasciare il pianeta nello stesso stato in cui l’ho raggiunto. Cioè, voglio dire, io vorrei partire nelle stesse condizioni in cui sono arrivato, non che non voglio effettuare modifiche al pianeta. Ecco.»

«Trovo molto preoccupante la tua mania di correggere e puntualizzare ogni affermazione, nel caso il tuo ascoltatore possa averla fraintesa, sai? Dovresti considerare anche il contesto, non solo ciò che è contenuto nel tuo messaggio. A ogni modo, non ti preoccupare.»

«Tu dici sempre che non mi devo preoccupare, ma alla fine c’è sempre qualcosa per cui invece mi devo preoccupare, e anche parecchio. Se tu stai progettando qualcosa di illegale e poi noi dobbiamo scappare di corsa prima che qualcuno ci prenda, anche se in effetti non c’era bisogno di specificare che saremmo scappati di corsa, perché scappare non di corsa potrebbe essere un ossimoro, dato che per scappare un’alta velocità è sempre richiesta, ma al di là di questo mi piacerebbe...»

«Non sto progettando nulla di illegale, non ti preoccupare. Comunque, come ti ho già spiegato, una cosa è illegale soltanto se sei sorpreso a farla. Se nessuno se ne accorge, non è illegale. Non illegale in senso stretto, dico. È necessaria una comunità davanti a cui presentare la tua azione come illegale perché la tua azione sia illegale. Chiaro?»

Matteo aveva lasciato perdere. Erano arrivati su quel pianeta perché Chakra voleva recuperare certi documenti su un caso legale, in teoria per la sua tesi, ma in realtà chissà per cosa. Fino a lì niente da dire. Laozi era un posto strano e a tratti preoccupante, d’accordo, ma la gente era cordiale, gentile e in linea di massima piuttosto ospitale. E strana, ok, ma a quello potevi non pensare. Il punto era che lui si stava trovando passabilmente bene. Aveva un lavoro decente, abitava in una città decente e il clima era decente, sebbene un poco caldo per i suoi gusti. Siccome in media era tutto positivo, non avrebbe voluto ricambiare il post con qualcosa di negativo. Se possibile, gli sarebbe piaciuto partire da lì senza lasciare ricordi troppo sgradevoli della loro permanenza, per lo meno: obiettivo piuttosto difficile da realizzare, quando il tuo compagno di viaggio sta progettando di rubare documenti che non può ottenere legalmente a causa del suo stato di straniero.

Oh beh, l’importante era non pensarci troppo e prepararsi al peggio. Sarebbero tornati su Lakshmi, una volta lasciato Laozi, e su Lakshmi lo attendeva di nuovo la sua vita da studente universitario in prestito, senza meta né futuro, foglia abbandonata nella corrente e così via. Meglio pensare a quello, invece che alle mattane di Chakra. Pensare a quello e magari decidere anche cosa fare da grande, se mai gli capitava. A Shun Yao stava sperimentando l’insegnamento dall’altro lato della barricata, che era stato poi il suo progetto originario di futuro, e il ruolo non gli piaceva più di tanto. Anzi, non gli piaceva proprio. Non orrendo, d’accordo, e in linea di massima era qualcosa che poteva immaginare di continuare a fare per il resto della propria vita, in mancanza di meglio, giusto come strumento per guadagnare il necessario a sopravvivere, ok, ma se la metteva in termini di soddisfazioni personali e palle varie... no, non gliene dava proprio. Quindi, pensare ad altro.

Per esempio, al fatto che su Lakshmi, in cambio di una vita da pesce rosso nella boccia di vetro, non avrebbe avuto necessità di lavorare. Poteva trascorrere il resto della propria esistenza dedicandosi solo ai suoi passatempi. Che non aveva, ok, ma non sarebbe stato difficile trovarne qualcuno, no? Ci riuscivano anche, voglio dire, chiunque avrebbe saputo trovare qualcosa da fare, no? Nel peggiore dei casi, decenni a girare avanti e indietro per il pianeta, visitandone tutti i posti più insignificanti per la pura e inutile soddisfazione di poter dire «Ecco, sono stato anche qui: questo è l’albero contro cui ho pisciato per segnare il territorio. Wow! Mi invidiate, eh?»

Non era una prospettiva molto bella, se la metteva in quei termini. Pure, era migliore di molte altre. Della vita che aveva avuto sulla Terra assieme a sua madre e suo fratello, per esempio, a raschiare il prossimo giorno dalle incrostazioni lasciate sulla periferia del pianeta, per usare una immagine che forse non aveva molto senso, ma a lui piaceva tanto. A confronto, la sorvegliata abbondanza e pace di Lakshmi era un paradiso, no? Se ci pensi bene. E quindi...

Ma quello significava decidere di non decidere. Chakra lo aveva avvertito, prima di partire per quel presunto anno sabbatico in giro. Gli aveva suggerito di trovarsi qualcosa da fare, o anche solo la più vaga delle idee su cosa desiderasse davvero dalla propria vita. Peccato che né Rudra né Laozi, per il momento, fossero serviti a qualcosa. Di entrambi aveva visto troppo poco, troppo male e troppo in fretta. Come poteva farsi una idea in un tempo così breve?

Quanto breve fosse realmente il tempo lo verificò giusto pochi giorni dopo, rientrando da un’altra giornata di duro insegnamento o, quantomeno, di lezioni che a Matteo sembrarono dure da dare, ma che forse i suoi maturi studenti non avevano trovato così dure da ricevere. Erano stati irrequieti, ma cordialmente e gentilmente irrequieti, di quella generica disattenzione che sembra cogliere studenti che si annoiano, vuoi per colpa dell’argomento spiegato, vuoi per colpa di come è spiegato. Matteo preferiva pensare che la causa fosse la prima, ma sospettava la seconda. Erano sempre troppo attenti per i suoi gusti e il modo in cui fissavano e ascoltavano lo metteva a disagio. Sembrava quasi che volessero succhiare le parole fuori dalla sua testa. Comunque, la giornata era finita, insoddisfacente o meno, e il riposo lo avrebbe dovuto attendere all’alloggio. In teoria.

In pratica ad attenderlo c’era Chakra, come sempre, ma anche Andrea Fartswell, come decisamente non sempre. E parlavano, anzi parlottavano, il che significava che il verbo più appropriato sarebbe stato “complottare”, con ogni probabilità. Matteo era sicuro di conoscere anche l’argomento su cui stavano complottando. Anche se di fatto a complottare era uno solo, mentre l’altra era semmai una potenziale complice, almeno nelle intenzioni del primo.

Ma la serata passò tranquilla, di studio e documenti segreti non si parlò mai, ci furono giusto alcuni commenti sullo stato generale dei mondi coloniali, la causa tra l’Ufficio per la Colonizzazione e la fondazione Chen-Cohimbra, che era ancora aperta e lo sarebbe rimasta per anni, i nuovi attentati su Rudra che avevano causato il blocco temporaneo delle sue esportazioni di terre rare e probabilmente sarebbero intervenuti Indra e Svagra ad aiutare il governo locale, e questo e quello, su e giù. Niente complotti, niente parole d’ordine, niente lunghi mantelli e cappucci calati. Deludente.

Poi Andrea Fartswell salutò e uscì, Matteo e Chakra rimasero soli e il clima cambiò. «Bene!» disse Chakra, battendo le mani e guardandosi attorno nel piccolo alloggio che occupavano assieme. «Mi auguro e soprattutto ti auguro che ti sia divertito oggi, anche se conoscendoti ti sarai divertito come una tenia nell’intestino di un anoressico all’ultimo stadio, perché tra una settimana ci leveremo dalle palle. Per dirla con una espressione che ti sta a cuore, sia ben chiaro.»

«Io non dire che ci leveremo dalle palle,» lo corresse Matteo.

«No, lo so, quello era un mio termine. Settimana è un tuo termine, no? Una di quelle unità di misura inutili che piacciono tanto a voi terrestri e che ormai senti solo nei musei, giusto? Le fasi del vostro satellite o quello che è, non ho mai capito perché dobbiate usare il modo in cui è illuminato un sasso rotante per raggruppare i vostri giorni, ma sono affari vostri. Una settimana è sette giorni, no?»

«Sì, sette giorni. Cosa succederà tra sette giorni?»

«Che ci leveremo dalle palle.»

«Quindi è fra sette giorni che farai il tuo furto in ufficio?»

«No, è fra sette giorni che partirà la nave per Lakshmi e su quella nave dovremo esserci anche noi, se non vogliamo che ci succedano cose brutte. Non che ci succederanno davvero, sia chiaro, perché nessuno se ne accorgerà in tempo e probabilmente non se ne accorgeranno proprio, ma saprai anche tu come funziona, giusto per essere sicuri, perché non si sa mai, mettere qualche anno luce tra noi e loro faciliterà le cose per tutti, questo e quello, così via. Eh?»

Matteo sospirò. «Ascolta, ma è davvero necessario fare tutto questo casino per qualche documento che non puoi leggere? Voglio dire, sono davvero così importanti?»

«Certo che lo sono! Se non lo fossero, nessuno mi vieterebbe di leggerli, straniero o meno che sono. Se però mi vietano di leggerli, allora significa che sono importanti, quindi io li voglio leggere. Tutto chiaro? E comunque io so che sono importanti, anche senza leggerli. È la parte mancante per il caso Arunachalam, quella che non ho potuto arraffare su Rudra perché non è mai arrivata su Rudra, no?»

«E qui non te li fanno avere perché non sei di Laozi.»

«E qui non me li fanno avere perché non sono di Laozi, esatto. Non appartengo all’alveare. Sarà una cosa stupida? Io dico di sì. È una cosa stupida e come tutte le cose stupide deve essere corretta. Ciò che è storto va raddrizzato, no? Quindi, per raddrizzarlo, io mi prenderò i documenti. Ci è voluto un bel po’ di tempo a convincere la tizia, ma finalmente oggi ha ceduto. Neppure lei li può avere, ma si impegnerà ad aiutarmi o, più precisamente, si impegnerà a non ostacolarmi. Così io li arrafferò, noi scapperemo e tutto vissero felici e contenti, eh?»

«Mi sfugge il nesso logico dell’ultima proposizione con le precedenti, ma lasciamo perdere. Sicuro che sia una buona idea? No, perché preferirei evitare di mettermi nei casini di nuovo con pazzi che infrangono le leggi per soddisfare una qualche idea balzana che si sono messi in testa. Sai com’è.»

«Stai pensando a quella tua amica archeologa, eh? Ma io non sono stupido come lei, quindi non hai niente di cui preoccuparti. Quando un reato lo commetto io, nessuno se ne accorge in tempo. E poi ti ho già detto che non è un reato se nessuno lo scopre.»

«Sì, vabbè. Ripeto: è una buona idea?»

«No, ma è una mia idea, che è ancora meglio. Le mie idee funzionano, le buone idee non sempre. E adesso direi che è il caso di andarci a riposare. Giornata lunga, fatica tanta, molte cose da fare per il futuro, eccetera eccetera. Tu comincia a preparare i bagagli e tra qualche giorno tanti saluti.»

Matteo non fece altre domande e tenne per sé i propri innumerevoli dubbi, a cominciare su quanto ci fosse davvero di responsabile in Chakra, nonostante le sue origini e la sua educazione lakshmita. Neppure una cellula, con ogni probabilità. Si chiese anche quanti problemi avrebbe causato al luogo di lavoro, lasciando il suo posto di lettore da un giorno all’altro e senza preavviso, perché un’altra cosa preoccupante che il compagno aveva fatto era stata di intimargli il silenzio almeno fino a fatti compiuti. Non che avesse molte persone con cui parlare, su quel pianeta. Ma una l’aveva e il giorno seguente la contattò, subito dopo pranzo.

Andrea Fartswell apparentemente non era in ufficio, ma in una qualche missione di lavoro che non aveva precisato e su cui Matteo non avrebbe comunque chiesto dettagli, soprattutto perché non gli interessavano. Si dichiarò comunque disposta a incontrarlo il giorno dopo, se era una cosa urgente e se il primo pomeriggio gli andava bene. A Matteo il primo pomeriggio andava bene, ma gli sarebbe andato bene anche il secondo o il terzo, visto che il giorno seguente avrebbe avuto lezione soltanto al mattino e niente altro da fare fino a cena. Quanto all’urgenza... beh, quel pazzo di Chakra aveva detto che sarebbero partiti tra meno di una settimana, giusto? Quindi sì, decisamente urgente.

Non che sarebbe servito, beninteso. Chakra non avrebbe cambiato idea, perché era convinto che la sua idea fosse giusta o, molto più probabile, perché aveva deciso di fare danni e quando decideva di fare danni neppure una bomba ai neutrini come supposta lo avrebbe fermato. Matteo non lo voleva fermare. O meglio, lo avrebbe voluto fermare, ma in mancanza di meglio si accontentava anche solo di conoscere il reale movente delle sue azioni, che l’amico non gli aveva voluto spiegare, nascosto dietro le cortine fumogene che sempre sollevava quando non voleva rispondere. Se davvero aveva complottato con Andrea e ottenuto il suo aiuto, oppure che non lo ostacolasse, come Chakra l’aveva spiegata, allora lei doveva pur saperne qualcosa, no? Matteo lo avrebbe scoperto.

Risultò che Andrea Fartswell non ne sapeva poi così tanto quanto lui avrebbe sperato. Almeno non su cosa Chakra avesse in testa, ammesso e non concesso che in testa avesse qualcosa oltre ai capelli e scaglie di pelle morta. Sapeva però molto sul caso Arunachalam e di quello era disposta a parlare, se riteneva che potesse essergli di qualche aiuto.

«Ma anch’io so soltanto quello che è di pubblico dominio, sia chiaro,» specificò. «Alcune parti non lo sono e sono quello che interessano al tuo amico. Alla documentazione completa, invece, possono accedere soltanto i soci dello studio che sono laoziti per nascita o per integrazione.»

«E tu non lo sei, giusto?» disse Matteo.

«Non lo son e probabilmente non lo sarò mai, a questo punto.»

«Ma non dicevi di essere ancora indecisa se restartene qui per sempre o andartene da qualche altra parte? Suppongo che tu abbia deciso, alla fine.»

«Supponi bene e in fondo è proprio questo il motivo per cui ho accettato di aiutare quello scemo del tuo amico o, per essere più precisi, ho accettato di fare finta di niente e dimenticare un paio di cose e di codici proprio in un determinato giorno prossimo venturo. Dopo che li avrò dimenticato, per me non ci sarà più spazio da queste parti. Anzi, diciamo che ci sarà una pessima aria da queste parti.»

«E perché hai accettato, allora?»

«Vuoi sapere perché ho accettato di aiutare il tuo amico o vuoi sentire la storia della causa a cui lui è interessato? Non è che posso stare qui a camminare avanti e indietro tutto il pomeriggio.»

Vero. Erano nel parco delle anatre sincronizzate, come lo aveva ribattezzato Matteo dopo aver visto lo spettacolo di quei cosi vagamente simili ad anatre che nuotavano avanti e indietro in un laghetto con passo e ritmo di sincronettes, ma senza tappi al naso anche per assenza di naso riconoscibile. Il parco era quasi vuoto, al momento, a parte alcuni esemplari di umano attempato che occupavano un certo numero di panchine, come si conviene da tradizione millenaria. Situazione tranquilla, come lo erano quasi tutte le situazioni su Laozi. Eppure Andrea aveva insistito per incontrarsi all’aperto, non in qualche locale o roba simile. Perché? All’aperto si sta meglio, aveva detto lei, e in effetti Matteo le doveva dare ragione, almeno sotto il profilo climatico. Caldo ma ventilato, sole, cielo sereno: una giornata ideale da passare fuori. Eppure...

«Possiamo entrare in un locale, se preferisci,» azzardò.

«No, intendo che ho altri impegni nel pomeriggio e non posso perdere troppo tempo qui. Allora? La storia di Arunachalam o del perché aiuterò il tuo amico Chakra?»

«Cominciamo dalla seconda,» rispose Matteo. «Se è breve magari ci sarà tempo anche per l’altra.»

«Ne dubito, ma vedremo. Ho deciso di aiutare Chakra perché qui non possono più resistere. E se c’è da scappare, tanto vale farlo per una buona ragione, o almeno una ragione qualunque, che non sia il pianeta e basta. C’è chi ha bisogno di un motivo per agire, no? Tradire la fiducia dei titolari dello studio è un motivo sensato. Non bello, ma sensato.»

«Credo di non capire.»

«Credo che mi toccherà spiegartelo. Guardati attorno a dimmi cosa vedi.»

«No, ti prego, odio questo gioco. Dimmi subito cosa vuoi che veda, se no non la finiamo più.»

«D’accordo, allora dimmi almeno cosa ne pensi di questa città. E fai lo sforzo di pensarci, prima di rispondere. Grazie. Non mi pare una richiesta difficile.»

Matteo fece lo sforzo e ci pensò. Per un poco. Poi si stancò, perché tanto non gli venivano in mente cose intelligenti da dire, o anche solo interessanti, e rispose. «È un posto normale, magari anche un poco banale. C’è più o meno tutto quello che ti aspetti da una cittadina tranquilla.»

«Sì, un posto normale, banale, tranquillo. Tutto quello che ti aspetti da un posto come questo. E non ti sembra strano?»

Sì, a Matteo sembrava strano, ma sembrava anche un tipo di ragionamento che conduceva dritto alla paranoia. Vero, anche Lakshmi ti conduceva dritto alla paranoia, con la possibilità che chiunque ti stesse osservando in ogni momento, ma dopo un poco te ne dimenticavi e soprattutto capivi che non era possibile che tutti stessero osservando tutti in qualsiasi momento. Era possibile che qualcuno ti stesse osservando in un determinato momento, ma i lakshmiti tendevano anche a guardare soltanto cose che trovavano interessanti, ossia persone che conoscevano, oppure persone che possedevano una qualche caratteristica interessante e facile da riconoscere. Un emerito signor Nessuno lo poteva guardare al massimo un amico, o un parente, e anche in quei casi solo di tanto in tanto, a meno che l’osservatore non fosse uno stalker all’ultimo stadio di depravazione. Paranoia sì, ma limitata.

Laozi era inquietante, ma non paranoico. O almeno, non gli dava quella sensazione. Matteo provò a spiegarlo nel minor numero possibile di parole. Il risultato fu passabile, a suo parere.

«Vero, Laozi non funziona così, ma non è a questo che mi riferivo,» rispose Andrea. «Credo che il tuo amico Chakra lo abbia definito nel modo migliore paragonandolo a un alveare. Un formicaio lo potrebbe anche descrivere meglio, in realtà, almeno per quel che ne so io di formicai. Perché oltre ai suoi abitanti normali, cioè le formiche, ci vivono anche altri insetti, no? Alcuni come mandrie, altri come parassiti, altri ancora come intrusi. O qualcosa del genere. Non so se sia lo stesso anche per le api, ma direi che non è rilevante, al momento. Noi visitatori siamo gli intrusi, su Laozi. Ci trattano bene, è vero, e ci tratteranno sempre bene, perché sono progettati così e non possono geneticamente non trattarci bene, ma saremo anche intrusi e lo resteremo per sempre. O fino a che non accetteremo di diventare formiche e unirci al gruppo, al formicaio, all’alveare, a quello che preferisci.»

«E a te non piace diventare formica. Per così dire.»

«No. Ci ho pensato a lungo, ho creduto che fosse la soluzione migliore, specie dopo Varuna, ma alla fine no, non fa per me. L’ho capito dopo avere visto voi due. A volte è meglio non appartenere, che appartenere per forza a qualcosa in cui non riusciamo a entrare. E poi ci sono molti altri pianeti e un buon avvocato trova sempre un posto di lavoro. I reati non mancano mai e chi ti aiuta a commetterli mentre indossi giacca e cravatta è sempre benvoluto ovunque ci siano soldi che scorrono.»

Matteo non ci aveva capito molto, ma probabilmente c’era dietro un ragionamento filosofico fatto di esperienze di vita, osservazioni approfondite e roba simile. O forse no, ma era lo stesso. «Quindi hai deciso di cambiare aria e, come regalo di addio, aiuterai Chakra in questa sua scemenza?»

«Sì, puoi metterla anche così. Solo, non è detto che sia proprio una scemenza. Non necessariamente. È possibile che lo sia ed è probabile che lo sia, conoscendo il tipo, ma... sono curiosa. Vediamo cosa c’è dietro a questo caso Arunachalam, che soltanto i laoziti lo possono conoscere.»

«Ok, ma cosa è questo caso Arunachalam?»

Andrea Fartswell controllò l’orario, poi osservò i dintorni con una cautela da cospiratore che Matteo trovò parecchio strana e pure un poco teatrale, soprattutto perché non è che fosse qualcuno attorno a loro. O le quasi anatre del laghetto li potevano spiare? No, ok, c’era un limite anche all’idiozia: era un limite che molti umani scavalcavano allegri, ma Matteo preferì fermarsi davanti alla staccionata virtuale, almeno in quel caso specifico. Era preoccupata dei vecchi, dunque, che erano sì a portata di orecchio, in teoria, ma solo se l’orecchio in questione era più acuto di un angolo di due gradi. E poi a lui sembravano minacciosi come agnellini gambizzati e imbavagliati, per cui...

«Non ho tempo per la versione integrale del caso Arunachalam, tra poco devo andare, per cui sarà la versione ridotta e accelerata, ok? Se non ti basta, magari Chakra ti fornirà la storia completa, mentre sarete di ritorno verso Lakshmi, o magari quando ci sarete già arrivati. A ogni modo, l’essenziale è questo: un cittadino di Rudra è in vacanza qui su Laozi, fa qualcosa che non è ben chiaro, almeno in quella parte di documentazione che ho potuto consultare io, un cittadino laozita lo scopre, il nostro rudriano muore, il laozita ne tenta di occultare il cadavere con metodi poco ortodossi ma testati già più di una volta in passato, l’ambasciata di Rudra lo scopre, incidente diplomatico, processo, liti su chi ha diritto di giudicare chi e secondo quali leggi, eccetera eccetera. Alla fine processano il laozita su Laozi ed è assolto. Laozi è contento, Rudra no. Problemi vari, poi tutto si appiana con una sorta di rimborso per i parenti del morto e qualche contratto per Rudra.»

Matteo rimase in silenzio per un poco. «Sì, ok, posso vedere perché sia interessante, per qualcuno che studia diritto interplanetario, ma non mi sembra poi una cosa da farne un segreto di stato o quel che è, consultabile solo a pochi eletti e tutto il resto. Semmai...»

«Questo è il riassunto del materiale pubblico,» lo interruppe Andrea. «Il materiale privato potrebbe contenere altro. Come ti ho detto, aspetterò di vedere cosa uscirà dalla spedizione di Chakra. Spero che sarà qualcosa di utile e che varrà la pena di aiutarlo. Ma adesso devo proprio andare, non voglio arrivare in ritardo. Buona giornata.»

E andò. Matteo si trattenne ancora un poco nel parco, dove la popolazione cominciava ad aumentare e spuntavano le prime madri con figli, o padri con figli, o adulti con bambini, qualunque fosse poi il rapporto di parentela che li univa. Una giornata normale, tranquilla, banale. Gente che andava per i fatti propri, salutava, sorrideva. Poteva essere davvero un posto piacevole, se solo non fossero stati tutti così inquietanti. Oh beh, in fondo la galassia è bella perché è varia. E poi, a quanto pareva, la botta era arrivata e a darla era stato proprio Chakra, il suo amico. O sarebbe stato, nel giro di pochi giorni. Dopodiché... fine pace. Meglio godersela, finché poteva.

E mentre Matteo si godeva la pace, che nello specifico consisteva nel passeggiare tranquillo lungo i percorsi ghiaiosi del parco, i laoziti dietro di lui lo fissavano in silenzio, riflessivi.

Molto meno in silenzio e decisamente non riflessivo lo fissò Chakra quella sera a cena, quando lui gli chiese di nuovo se non fosse forse meglio lasciare perdere la storia di quei documenti, restare sul pianeta ancora per un poco in una specie di vacanza e poi, a tempo scaduto, tornarsene su Lakshmi in pace e amicizia, senza lasciare di sé un ricordo spiacevole e soprattutto illegale. Non fu un grande tentativo, né come convinzione né come forma. Matteo sapeva che non sarebbe servito, ma lo fece lo stesso, un poco per sport e un poco perché, tanto, non costava nulla. Almeno in termini materiali.

Nulla costò e nulla produsse. «Come ti ho già detto, andrà tutto bene, quindi non c’è alcun bisogno di preoccuparsi o altro,» rispose Chakra, gesticolando con un cucchiaio. «Se mai qualcosa dovesse andare male, ma non succederà, andrà male quando anche noi saremo già andati e andati lontano, a casa, o su un pianeta che puoi considerare più o meno come casa, nel tuo caso. A quel punto saremo al sicuro. Lakshmi e Laozi sono simili e come tutte le cose simili non si amano, perché ognuno vede nell’altro i propri difetti o quello che è. Chiedi a un qualche psicologo e te la spiegherà lui o lei tutta questa roba. Non mi interessa.»

«E il tuo piano funzionerà?»

«Il mio piano è a prova di stupido, il che significa che persino tu ci potresti riuscire. Ma non sarai tu a farlo, sarò io, quindi è ovvio che riuscirà. A ogni modo, non è soltanto un piano a prova di stupido, ma è anche un piano stupido. Il che è una doppia garanzia, capisci?»

«No.»

«Ottimo. E comunque, meno ne sai e meglio stai: funziona sempre così, giusto?»

Matteo lasciò perdere. Lasciare perdere era un’azione molto comune, quando avevi a che fare con Chakra, o almeno quando lui aveva a che fare con Chakra. Ne avrebbe quasi potuto elaborare una nuova forma di arte, o una filosofia. Il lasciar perdere simbolico, a tratti metafisico. Comunque era vero, in parte: meno ne sapeva e meglio stava. E poi non aveva in programma di tornare mai più su Laozi, per cui da un certo punto di vista non aveva importanza preoccuparsi di che immagine di sé vi avrebbe lasciato. Pessima, poco ma sicuro, abbandonando il lavoro senza preavviso.

«Comunque, perché Lakshmi e Laozi sarebbero simili?» chiese dopo un poco, mentre gustavano un fantastico dessert gelatinoso al sapore di sostanze chimiche aromatizzate alla vaniglia. «A me non è che sembrino poi molto simili, dico sul serio. Cioè, ok, un poco come filosofia di base, ma mi pare che si basino su due sistemi sociali parecchio diversi, no?»

Chakra lo fissò in silenzio per un periodo sufficientemente lungo a metterlo a disagio, poi sospirò, si sistemò meglio sulla sedia e infine, dopo tutta questa sceneggiata, si decise a rispondere. «Matteo, Matteo, a volte mi domando dove tu abbia gli occhi. E no, non dirmelo, lo posso immaginare, anche se certi dettagli della tua anatomia non rientrano proprio tra i miei interessi. Hai vissuto su Lakshmi per due anni, giusto? Mentre siamo qui su Laozi da... boh, secondo i tuoi calendari da terrestre direi qualche mese almeno, no? E non ti sei mai interessato a guardarti attorno e confrontare tra loro il funzionamento delle due società? Male, male.»

«Sì, ok, male, male, quello che vuoi. Hai intenzione di rispondermi, oppure preferisci tirarla ancora in lungo fino a che non mi sarà passata la voglia di ascoltarti? È quello che fai di solito, quando non hai voglia di rispondere a qualcosa. Tipo le domande sul caso che ti interessa tanto, per esempio.»

Ma Chakra ignorò il suggerimento, come faceva sempre ogni volta che Matteo sembrava essere un poco meno disinteressato del solito alle sue presunte questioni di tesi. «Lakshmi e Laozi sono due società che si sviluppano grossomodo a partire da una stessa idea di base, non vedi?» disse invece. «È la idea secondo cui una società deve essere formata da un gruppo unito e solido, invece che da una pletora di individui sistemati gli uni accanto agli altri, ma fondamentalmente divisi e opposti in una continua competizione per scavalcarsi e calpestarsi. O qualcosa del genere, io non sono certo un sociologo e non conosco i paroloni tecnici con cui amano infiocchettare tutta questa roba. Sia quel che sia, Lakshmi e Laozi sono stati progettati utilizzando come unità di misura per la società non il singolo, ma il gruppo. E più largo è il gruppo, meglio è. In teoria.»

«Sì, beh, mi pare che alla fine succeda così più o meno ovunque, no? In un qualche modo, gruppi di sostegno o quello che è si formano sempre, spesso dal basso. Cioè, intendo, è la storia di allearsi per sopravvivere, no? Da soli non ce la facciamo, ma se cooperiamo...»

«Sì, sì, quello è un fenomeno pseudonaturale, almeno negli strati più bassi della società, o almeno in certi strati più bassi di certe società. Collaboriamo, cooperiamo, formiamo comunità, dividiamo gli utili e le perdite, eccetera eccetera. Non è questo il punto. Il punto è che Lakshmi e Laozi sono stati progettati come società perché questo spirito di cooperazione o quello che è fosse inserito in ognuno fin dal principio. Non qualcosa che si sviluppa col tempo, ma qualcosa che c’è già in partenza. Una specie di senso extra, se la vuoi mettere in questi termini e se così ti è più chiaro.»

«Mettila pure come vuoi. Non mi pare però che i risultati si assomiglino molto, sai? Voglio dire, su Lakshmi ok, si sta abbastanza bene, se accetti le sue regole, ma è tutto basato sulla responsabilità e in pratica sullo spiarsi a vicenda, no? Non mi pare molto spontaneo. È più una cosa imposta, forse non dall’alto ma da tutte le direzioni. Cioè, sono quelli intorno che ti impongono di rigare dritto.»

«Vedo che hai un futuro come sociologo, almeno nei panni dello scemo della facoltà. A ogni modo sì, puoi dire che è qualcosa del genere, se ti torna più facile da capire. La questione fondamentale è il modo in cui i due progetti sono stati realizzati. Su Lakshmi hanno costruito regole generali e poi il grosso dei coloni è stato inserito in quelle regole e la selezione naturale ha fatto il resto, in oltre due secoli di storia: chi le ha accettate è rimasto e le ha accettate sempre più a ogni nuova generazione, mentre chi non le ha accettate se n’è andato e tanti saluti. Su Laozi invece non hanno costruito una struttura di regole, ma hanno modificato e riscritto i coloni perché le regole fossero parte della loro natura, per così dire. Ma questo lo sai già, giusto? Ne abbiamo già parlato.»

«Quindi stai dicendo che su Lakshmi questa idea di società è una specie di, di software, no? Mentre su Laozi fa parte dello hardware? O qualcosa del genere.»

Chakra lo guardò stupito, per una volta sinceramente. «Non ti facevo così tecnologico, da letterato quale ami fingerti. A ogni modo sì, puoi metterla in questi termini, se ti è più chiaro, anche se poi ci sarebbe anche da dire qualcosa sul firmware, se vuoi proseguire con questa metafora. Il punto però è questo: su Lakshmi la struttura sociale è una idea condivisa, a cui tutti si adeguano, mentre qui su Laozi è una parte degli abitanti stessi, come la statura o il numero delle dita.»

«E questo renderebbe Lakshmi e Laozi simili.»

«Secondo me sì.»

«E invece la storia del caso a cui sei così interessato, quello coi documenti segreti che vuoi rubare, in che modo si collega a questa storia?»

Ma di nuovo Chakra non abboccò. «Penso che a questo punto sarebbe davvero opportuno occuparsi dei bagagli, cosa che, noto, non hai ancora avuto voglia di fare. Tra poco ce ne andremo e sarebbe tutt’altro che salutare dover tornare indietro perché ci siamo dimenticati qualcosa. Anzi, perché tu ti sei dimenticato qualcosa, dato che i bagagli sono un compito tuo. Quindi, siccome tu ami così tanto i compiti e tutto ciò che è vagamente scolastico, è molto meglio se provvedi adesso, così poi non te ne dovrai preoccupare più. Non trovi?»

Matteo si arrese. Ok, non ne voleva parlare. Non ancora. Ma Chakra era Chakra e tacere non si era mai dimostrata una delle sue specialità, ammesso e non concesso che possedesse qualche specialità, a parte insultarlo e deriderlo. Oh beh, prima o poi avrebbe detto tutto anche solo per vantarsene, ma probabilmente a cose fatte, come aveva suggerito Andrea. Poteva anche aspettare.

Mancavano soltanto pochi giorni, dopotutto. Poi Chakra avrebbe combinato quello che aveva voglia di combinare e... E loro sarebbero ripartiti. Per Lakshmi.

Salvo imprevisti, naturalmente.