Adriano - racconti e altro

La galassia di Madre - 106

Il ministro Andrea Hass si alzò presto come ogni mattina, come ogni mattina guardò per prima cosa la finestra della camera, come ogni mattina la trovò vuota e libera, come ogni mattina si chiese per quanto tempo lo sarebbe rimasta, poi come ogni mattina la sua giornata cominciò e altri pensieri lo portarono verso altre strade, non necessariamente migliori. Ma era una bella giornata, o almeno una giornata non brutta, e non valeva la pena di guastarsela subito con preoccupazioni e seghe mentali. A questo provvedeva sempre il suo ingresso in ufficio.

Paula era ancora a letto, il che contava come lato positivo. Era raro che si alzasse presto, sua figlia. In un’altra vita Hass se ne sarebbe probabilmente lamentato, perché il vizio di restare a letto fino a tardi era la radice di tutti i mali, nella sua particolare visione del mondo e della società. Passa troppo tempo a rotolarti nel letto, invece di scattare in piedi e affrontare la nuova giornata, e non sarai mai niente di meglio di un mollusco, o una tenia annidata nell’intestino della società, parassita inutile e ributtante. Come la maggior parte della gente che doveva frequentare ogni giorno nel suo ruolo di ministro della Difesa, secondo il suo modesto parere.

Ma la vita di Hass non era un’altra vita: era quella che stava vivendo, dove i giochi di prestigio di Madre avevano preso una moglie per farla diventare una figlia. Per un dato valore di figlia. Così le lamentele restavano a galleggiare nell’oceano del non detto, relitti dimenticabili e dimenticati, e che Paula si alzasse pure quando voleva. Era meno rischioso, dopotutto. E fare colazione a casa poteva diventare quasi piacevole, per quanto solitario e silenzioso fosse. O forse proprio perché lo era.

Uscì. Raggiunse la sede del ministero senza problemi, salutò il personale all’ingresso, salì verso il proprio ufficio, entrò, sedette, controllò i messaggi in arrivo, si bloccò.

Ce n’erano due in evidenza: uno di Thoreau (cosa voleva adesso?) e uno di Leonardi. Il secondo era il più preoccupante, così partì dal primo. Che non avrebbe meritato di essere messo in evidenza e il ministro Hass maledisse a bassa voce il gestore automatico dei suoi contatti. A volte gli umani erano ancora migliori dei programmi, almeno in certi campi. Campi come la gestione delle teste degli altri esseri umani. Un segretario reale non avrebbe mai assegnato una qualche priorità a quel messaggio di Thoreau, ma pazienza, era andata così.

Chiedeva conferme, Thoreau. Rassicurazioni. Hass alzò gli occhi e scosse la testa. Umanamente lo poteva anche capire: dopo la purga leonardiana che gli aveva fatto perdere il lavoro su Madre e che lo aveva condannato al limbo terrestre della disoccupazione prepensionistica, una certa ansietà era inevitabile, ma restava comunque più palloso di una fidanzatina adolescente. Oh beh, della risposta si poteva occupare il suo staff. Dopotutto dovevano pure fare qualcosa per guadagnarsi lo stipendio.

Hass accantonò Thoreau e passò a Leonardi. Gli aveva spedito un messaggio, invece di contattarlo in modo più diretto, ma da certa gente non ti potevi mai aspettare molto. Se era gente con cui avevi divergenze di vedute che duravano ormai da oltre un decennio, allora non ti potevi proprio aspettare qualcosa: prendevi quello che arrivava e di solito lo controllavi con cura prima di aprirlo, giusto per stare sul sicuro, metti caso che.

Hass sapeva che Leonardi era stato di nuovo su Madre, di nuovo attraverso una copia invece che di persona. Sapeva anche che era sceso nei pozzi. Sapeva anche chi fosse stato a convocarlo, o almeno a richiedere un incontro. Non sapeva ma sospettava i moventi e di cosa avessero discusso: se non si trattava di una revisione degli accordi, doveva comunque trovarsi a portata di orecchio. Ma non era andata proprio come Leonardi avrebbe desiderato, almeno a giudicare dal messaggio di risposta che gli aveva inviato. Anzi, pareva addirittura che il vecchiaccio cominciasse ad avere ripensamenti e a volte anche contemplare da lontano l’eventualità che non tutto fosse stato compiuto nel migliore dei modi possibili. Il che non sarebbe stato strano, perché Leonardi era sempre pronto ad accusare ogni altra persona di sbagliare e basta ed essere un completo incompetente. La novità era che in quel suo messaggio di risposta, per la prima volta a memoria di uomo (o almeno a memoria di Hass), c’era il più velato degli accenni a un possibile errore suo, suo di Leonardi stesso.

Non lo chiamava errore, ovvio, ed era soltanto un accenno. Pure, esisteva. Quindi era un messaggio da maneggiare con molta, molta cautela, perché poteva esploderti in faccia in qualsiasi momento. E forse non solo su un piano figurato. Hass sorrise. Quando Leonardi sembrava toccato da umiltà o da ripensamenti, la fregatura per te era sempre dietro l’angolo. E spesso anche sotto il pavimento, sul soffitto e più o meno in ogni punto in cui sia possibile nascondere una trappola, nonché in molti di quelli in cui sembrava impossibile poter nascondere trappole. Leonardi era un serpente velenoso e da buon serpente era vigliacco e colpiva a tradimento, di solito sotto la cintura.

Che avessero autorizzato lo studioso svarghiano ad accedere a Madre per tenere una conferenza era un brutto segno, specie perché l’autorizzazione veniva da Leonardi in persona e dopo che era stata rifiutata in un primo tempo. Di cosa avevano discusso nei pozzi? Hass avrebbe dato volentieri anche un braccio (altrui) per saperlo, ma l’unica altra persona a scendere assieme a Leonardi in scatola era stato il generale Petkovic, non qualcuno che avrebbe parlato volentieri con lui. Non che avesse poi importanza: improbabile che Petkovic sapesse più di quanto Leonardi gli aveva permesso di sapere.

Ma i sospetti c’erano e i sospetti erano una brutta cosa. Uniti al messaggio di Thoreau, i sospetti si facevano molto meno sospetti. Hass non sarebbe stato sorpreso di scoprire che su Svarga sarebbero apparse nuove specie di insetti poco dopo il ritorno a casa del famoso studioso locale, quello che si era divertito per mesi a girare i mondi coloniali con le sue conferenze e la sua presunta scoperta sui giganti gassosi. Sospirò. Se la situazione non era già sfuggita dalle loro mani (ammesso e molto non concesso che fosse mai stata davvero nelle loro mani), allora mancava poco.

Ma era cominciata bene, anni fa. No, non è vero: era cominciata malissimo, con la scomparsa della prima spedizione, ma poi avevano corretto la rotta e sembrava che potesse proseguire bene. Anche lui ci aveva creduto. Un mondo abitabile e colonizzabile, anche se non proprio attraente e ospitale in superficie, ma da un certo punto di vista era un punto a suo favore: avrebbero potuto terraformare a volontà, senza preoccuparsi troppo di preservare le specie locali. O senza preoccuparsene proprio: se le specie locali erano varianti sul tema “muschio, lumaconi marini, pesci deformi e insetti”, solo una opinione pubblica dai gusti molto, ma molto specifici si sarebbe strappata i capelli per le brutte cose che gli umani cattivi facevano ai poveri, piccoli animaletti tenerosi. Considerato poi il bisogno che la Terra aveva di nuovi spazi e risorse, pesci e lumaconi potevano andare a farsi friggere.

E gli alieni? Come dimenticare gli alieni? Hass non li dimenticava, anche se di alieni non ce n’erano stati. Ma segni del loro passaggio sì, e questo bastava. Le notizie avevano cominciato quasi subito a circolare, ancora prima della partenza della seconda spedizione: non lontano da dove erano scesi i primi esploratori, erano stati trovati segni di possibili rovine sepolte. Potevano essere le famose e in parte famigerate testimonianze della prima civiltà non umana, quella che avevano cercato invano da quando erano cominciate le esplorazioni spaziali e la colonizzazione. E a trovarla erano stati proprio loro, i terrestri, e non gli arroganti coloni di prima generazione.

Leonardi ci aveva marciato parecchio, per avere ancora più fondi e ancora più pubblicità. Era stata la sola notizia a circolare, l’unico stralcio dei messaggi che la prima spedizione aveva avuto tempo di inviare, ed era stata diffusa perché faceva comodo al grande capo. Poi erano andati anche loro su Madre (che ancora non si chiamava così), avevano cominciato a scavare e le rovine erano emerse, la prova che tutti volevano. Sì, era cominciata bene l’avventura della nuova colonia. Peccato che non fosse continuata bene. Non per tutti. Di sicuro non per lui.

Vendere gli abitanti del tuo pianeta può lasciarti un certo amaro in bocca, se sei di stomaco delicato. Quando poi ti tocca personalmente, allora l’amaro diventa acido.

Non che fosse stato proprio lui a condurre le trattative in fondo ai pozzi, quando l’entità che viveva dentro il pianeta aveva discusso con loro, usando il pupazzo vivente del comandante Salo come suo portavoce in senso molto letterale. Leonardi aveva condotto le danze. O era stato condotto, come di anno in anno appariva più probabile. Leonardi, la personalità in scatola, che aveva discusso con un pianeta. Leonardi, che aveva accettato l’accordo. Leonardi, che al ritorno si era affrettato a istituire il Teatro di Oklahoma che avrebbe trasportato su Madre i coloni, tutti i coloni e chiunque lo volesse. Con tutto quello che era accaduto poi, Hass faticava a non pensarle oggi come offerte sacrificali, ma si impegnava a fondo per non farlo. Spesso ci riusciva.

Non erano proprio offerte sacrificali, dopotutto. Non succedeva nulla di male ai coloni, a parte forse qualche puntura di insetto e i normali rischi che accompagnano ogni progetto così ambizioso come la costruzione di un mondo a misura di uomo. Nessuno li sacrificava realmente. Pure, Madre voleva che ne continuassero a mandare e loro li continuavano a mandare. Più Leonardi che lui, adesso, ma i coloni partivano dalla Terra, arrivavano su Madre e Madre (o ciò che viveva all’interno di Madre) li utilizzava come da accordi stipulati. E tutti erano contenti.

No che non lo erano. Hass si alzò, guardò l’arredamento essenziale (e magari anche scabro) del suo ufficio senza vederlo davvero, sospirò, sedette di nuovo. Voleva nuovo materiale genetico, Madre, e ne voleva tanto, il più presto possibile. Voleva studiare le nuove specie che erano scese sul pianeta e voleva sperimentare con la loro struttura. Gli umani avrebbero potuto avere la superficie del pianeta e farci quello che volevano, e magari si poteva discutere anche per i risultati di alcune delle possibili scoperte che Madre avrebbe potuto compiere, sperimentando coi tessuti terrestri. Per non parlare dei vantaggi indubbi che sarebbero derivati dall’essere in buoni rapporti col nucleo di un pianeta o degli altrettanto indubbi svantaggi che sarebbero derivati dal non esserlo.

Leonardi aveva accettato e tutto era andato bene. Per un poco. E forse continuava ancora ad andare bene, per altri. Non per Hass. Non da quando sua moglie era morta durante il terzo e ultimo viaggio su Madre e lui era sceso nei pozzi assieme a Staplewood a richiedere uno dei possibili extra di cui si era parlato ai tempi dell’accordo. L’entità Madre lo aveva concesso. A modo suo. Peccato che quel modo non fosse proprio ciò che Hass avrebbe desiderato, né ciò che aveva chiesto.

Adesso Leonardi doveva avere siglato un nuovo accordo. Lo aveva siglato da solo, senza testimoni o intermediari. E gli spediva un messaggio in cui dichiarava, con molti giri di parole, di non essere del tutto sicuro di avere fatto la cosa giusta. E cosa aveva regalato a Madre stavolta? Non soltanto i campioni genetici, ma l’intera persona di tutti i coloni? Li avrebbe gettati tutti nei pozzi, usati come materiale grezzo con cui Madre avrebbe costruito... cosa? Nuovi giocattoli? Nuovi esperimenti?

Fantasia, ovvio. Non poteva essere andata così. Pure, da un certo punto di vista poteva e Hass non si sarebbe sorpreso se Leonardi avesse combinato davvero un disastro simile. Non alla sua età. Non se in cambio Madre gli aveva offerto qualcosa che lui desiderava davvero. Ma neppure Staplewood gli aveva saputo passare informazioni su ciò che era successo nel pozzo. Così, poteva solo ipotizzare.

Era comunque opportuno prendere qualche precauzione e Hass lo fece, o credette di farlo. Inviò al suo personale su Svarga un comunicato, per avvisarli di “suggerire” alle autorità locali di mantenere il più possibile alta la soglia dei controlli su ogni nave in entrata, specie su quelle con cui sarebbero tornati da Madre il professor Chang e il resto del personale. Erano liberi di utilizzare qualsiasi scusa volessero, ma suggerimenti di possibili epidemie erano indicati. Meglio ancora, potevano lasciarsi intercettare messaggi in cui si discuteva di possibili “sorprese” che avrebbero imbarcato sulle navi degli svarghiani, come vendetta per il furto della scoperta scientifica. «Penso che lo prenderanno sul serio più di qualsiasi suggerimento,» spiegò Hass nel comunicato, «ma valutate voi se sia opportuno o meno ricorrere a questi sistemi. Preferirei una collaborazione più diretta, se possibile.»

Ma forse non sarebbe stato possibile, non dopo l’anatema di Leonardi e tutta la confusione nata da e attorno alla storia dei giganti gassosi. Hass si massaggiò le tempie. Se almeno una parte dei sospetti era fondata, allora sarebbe stato meglio accantonare le liti da cortile. Ma non sarebbe successo, né si illudeva a riguardo. In fondo, anche lui stava continuando la sua faida sotterranea con Leonardi, no? E lui avrebbe dovuto sapere meglio degli altri quanto inaffidabile fosse ogni accordo con Madre.

Scacciò il pensiero con uno sbuffo. Lui non lo faceva per sete di potere, ma per conoscere: agiva per sapere, per scoprire, per capire. E basta. Tutti si sarebbero dovuti dedicare allo studio di Madre, nel tentativo di capire cosa fosse davvero e cosa volesse, prima che fosse troppo tardi. Soltanto questo gli interessava. Sì. Giusto. Era proprio così. L’importante era crederci e lui ci credeva.

Pensò di sfuggita a Thoreau e all’insetto di possibile origine madriana, che sosteneva di aver trovato nei palazzi dell’Ufficio. Lo aveva fatto recapitare alla (ex) collega di cui Thoreau sembrava fidarsi tanto, quella Bapchuck o come si chiamava. Non era certo del nome, al momento, ma lo riteneva un dettaglio irrilevante. Ne ricordava la stazza e la struttura fisica generale, così simile alla Farrell che aveva partecipato con loro alla seconda spedizione. Thoreau doveva avere un qualche feticcio per le donne attorno a cui poteva orbitare alla maniera di un satellite, ma in fondo erano affari suoi.

C’era altro? Hass sentiva che sì, c’era altro, ma non avrebbe saputo dire cosa, per cui non vi pensò. Era tempo di dedicarsi ad altro e ad altro si sarebbe dedicato. Con poco entusiasmo, considerato di cosa si trattasse, ma anche quello era suo dovere. O, per essere più precisi, era la responsabilità che si era dovuto sobbarcare per essersi fidato di Madre: siccome era una sua responsabilità, ne avrebbe accettato ogni conseguenza, che non gli piacesse o che lo disgustasse. Un buon lakshmita si sarebbe dichiarato d’accordo con lui.

Paula Hass non lo attendeva, ma era seduta davanti alla finestra della sala quando il padre rincasò. Era quasi sempre seduta davanti alla finestra della sala, di recente. A volte poteva essere una stanza diversa, ma a non cambiare mai era la posizione: davanti a una finestra. A guardare fuori.

O a guardare quello che camminava sul vetro.

Mosche. Hass sapeva che ci sarebbero state, ma fu spiacevole lo stesso. Il messaggio di Thoreau gli continuava a girare per la testa, immagini e parole che si alternavano, si sovrapponevano. Mosche o simili, originarie di Madre. Non sarebbero dovute essere sulla Terra, ma c’erano lo stesso. Peggio, si trovavano dentro la sede dell’Ufficio. Per cui forse...

Non solo dentro la sede dell’Ufficio, pensò Andrea Hass. Si trovano anche dentro casa mia. Parlano con mia figlia. O con quella che dovrebbe essere mia figlia.

Non che parlassero davvero. Non c’era un suono nella sala, neppure un ronzio. Paula sedeva davanti alla finestra, insetti simili a mosche camminavano sul vetro, e tutto era tranquillo, tutto era pacifico, tutto era buono e giusto. Ma anche no. Niente era pacifico, tranquillo, buono e giusto.

Hass rimase a osservare la scena, appoggiato alla porta. Non sembravano averlo visto, o almeno non avevano ancora reagito al suo arrivo. Non in una forma che lui potesse riconoscere, si corresse poi. Non per la prima volta pensò a come sarebbe stato bello se avessero scelto qualcun altro per guidare la spedizione su Madre. Non era stato l’unico comandante disponibile, ai tempi, e forse neppure il migliore, ma Leonardi aveva scelto lui e da allora la sua vita si era capovolta. Adesso era membro del governo (per quanto contasse di fatto il governo, ma era un altro discorso), complottava contro il grande capo, cercava di infilare mani o almeno dita ovunque, sua moglie era morta e si ritrovava a dover vivere con una figlia di nome ma non di fatto, un qualcosa che ogni giorno diventava per lui più difficile vedere come un essere umano. Scosse la testa.

Hass era convinto di conoscere il problema principale di Leonardi. Non che ci volesse un genio per immaginare quale potesse essere il problema principale di un vecchio di centodieci anni che cade a pezzi di giorno in giorno, ma lui sospettava di conoscere anche la soluzione che il vecchiaccio stava considerando. Che forse era anche la proposta ricevuta da Madre. Ne aveva un esempio davanti agli occhi proprio in quel momento. Hah! Sarebbe stato peggio di un incubo.

Poi Pausa si voltò e lo fissò. «Bentornato Andrea.»

Hass abbozzò un sorriso. Le mosche (o qualunque altra cosa fossero) svanirono dalla finestra in un tempo così breve da poter essere anche chiamato “attimo”: batti le palpebre e non ci sono più. E non c’erano più davvero. Avrebbe dovuto far disinfestare la casa. Probabilmente non sarebbe servito, ma si sarebbe sentito meglio con se stesso, il che poteva anche bastare, almeno per un poco.

«Sono tornato, sì,» disse. «Stavi giocando?»

«Stavo guardando,» rispose Paula, e non avrebbe detto altro. Non diceva mai altro, quando non lo voleva dire, e non sarebbero servite minacce, promesse o gli altri tipi di corruzione che funzionano quasi sempre coi bambini. Ci erano già passati. Inutile ritentare. E poi, a dire la verità, Hass non era neppure certo di voler sapere cosa stesse facendo davvero. Poteva essere peggio dei suoi sospetti.

Cenarono in silenzio, seguirono il notiziario in silenzio, trascorsero il resto della serata in silenzio. Il silenzio era un coinquilino fisso quando erano loro due da soli. Non era stato così un tempo, quando era ancora viva l’altra Paula, la madre. La memoria suggeriva a Hass che era stato meglio, perché le memorie sono fatte così e amano conservare soltanto le parti che a loro fanno più comodo, ma era falso. Non era tutto bello il passato. Era normale, con eventi belli e altri brutti, eventi migliori e altri peggiori. Sotto molti aspetti, il presente era migliore. Peccato che a peggiorare fosse stata proprio la parte più importante, o almeno quella che a lui adesso appariva così.

Doveva fermare Leonardi. Se davvero aveva cominciato ad accorgersi che l’accordo con Madre non era poi così ideale come lo aveva descritto per anni (alla buon’ora, verrebbe da dire), allora sarebbe stato opportuno martellare, incalzare, allargare quella piccola, piccola crepa. Magari ne sarebbe poi uscito qualcosa di buono. Magari. A cominciare dal loro incontro del giorno seguente.

Avvenne nel palazzo dell’Ufficio, ovviamente. Leonardi non abbandonava mai la sua tana, quando lo poteva evitare, e preferiva sempre affrontare il nemico giocando in casa. Hass lo raggiunse poco dopo metà mattina, in anticipo rispetto all’orario concordato. Percorse i corridoi a passo lento, gli occhi che scivolavano su ogni superficie, senza fermarsi in nessun punto preciso. Osservava, quasi studiava. Insetti ce n’erano, ma nessuno assomigliava a quelli di cui aveva parlato Thoreau. Almeno non per il suo sguardo inesperto. I ditteri erano ditteri, tutti uguali, tutti fastidiosi. Specie quelli che si trovava in casa. E a proposito di casa, Paula li avrebbe trovati subito? Forse, ma Hass non si volle soffermare sul pensiero. Lo disturbava troppo.

Raggiunse l’ufficio di Leonardi, segnalò la propria presenza, entrò. Il vecchiaccio era dietro la sua scrivania, come sempre, paguro preistorico che non abbandona mai la protezione del guscio rubato. Ma ti fissava, col suo sguardo da gufo. «Siediti, che prima cominciamo e prima finiamo.»

Gentile come sempre, pensò Hass. Sedette senza rispondere. La prima parola toccava al vecchio.

Non si fece attendere. «Sai già perché ti ho chiamato,» disse. «Sai anche cosa significa il permesso di tenere la sua stupida conferenza su Madre, che ho concesso a quello svarghiano.»

«Significa che terrà la sua conferenza su Madre, parlando della scoperta,» rispose Hass, serio.

Leonardi mostrò i denti artificiali. «Divertente.»

«Hai accettato perché te lo ha ordinato Madre.»

«Me lo ha chiesto, non ordinato.»

Hass scrollò le spalle. «Che cosa ti ha offerto in cambio?»

Leonardi gli dedicò il suo miglior sguardo da cobra col mal di denti. «Non ti ho certo chiamato per discutere di questo. Non sono affari tuoi.»

«Una volta lo erano ed è quello di cui voglio parlare io.»

«Quello che vuoi tu non mi interessa.»

«I suoi insetti girano nel tuo palazzo, lo sai? E non solo nel tuo palazzo. Penso che ce ne siano più o meno ovunque in città, e oltre. Fa parte dei nuovi accordi? Oppure è una decisione di cui non ti ha informato, perché informarti non interessava a Madre?»

Se Leonardi lo avesse potuto disintegrare con lo sguardo, probabilmente lo avrebbe fatto. Per un po’ non rispose e Hass si era quasi rassegnato a non ricevere alcuna replica, quando la replica venne. E lo colpì dove la sua guardia era bassa. «Tutto bene a casa? Come si comporta... tua figlia?»

Hass si bloccò, labbra compresse. Ma Leonardi sembrava serio. Per quanto strano da credere, non lo stava provocando, o almeno non ne aveva l’aria. Il che, da un certo punto di vista, era peggio. «Non vedo cosa c’entri con la nostra discussione,» rispose il ministro.

«Lo vedo io. Allora? Novità a casa? È cambiato qualcosa con Paula?»

Hass respirò a fondo due, tre volte prima di parlare. «C’entrano gli insetti, vero? Cosa hai offerto a Madre, stavolta? Cosa ha preteso? E in cambio di cosa? Il prolungamento della tua vita?»

Leonardi scosse la testa. «Ammetto di averlo considerato, ma non ne abbiamo discusso. È possibile che non sia la soluzione migliore, forse. Ma non ha rilevanza. Dichiari che ci sono insetti madriani sulla Terra. Paula sta reagendo alla loro presenza? E se sì, come? Questo ha rilevanza, adesso.»

Hass guardò verso la finestra. Tetti ed edifici che si perdevano verso l’orizzonte, una città molto più bassa di quanto fosse stata secoli prima. Prima del collasso, prima delle guerre con gli Altri e prima di più o meno tutto. Prima anche delle dighe per tenere a bada il mare. Sarebbero servite anche a lui, adesso. Dighe per frenarsi, dighe per sopportare, dighe per non strangolare il vecchiaccio. Che cosa aveva combinato stavolta? «Gli insetti,» disse poi, sempre guardando la finestra. «Sono una specie di prova generale, giusto? Guardi come funzionano qui, perché il professore svarghiano ne porterà a casa una bella vagonata dalla sua conferenza, giusto? È questo che ti interessa, giusto?»

Leonardi aveva tutta l’espressività di un manichino al buio. «Mi interessa sapere come reagiscono a tua figlia, o come tua figlia reagisce a loro. Non mi pare una domanda difficile.»

«Non ti interessa sapere come reagiscono alle altre persone? O lo sai già?»

Leonardi non reagì in alcun modo. Continuava a fissare, faccia piatta, occhi fermi, respiro lento. Se davvero lo stava provocando, si era allenato bene. Ma forse non lo stava provocando. Forse voleva realmente conoscere la risposta. Hass la considerava l’eventualità più preoccupante.

A denti stretti, rispose. Spiegò come la trovasse spesso davanti alla finestra, quando rientrava, e sul vetro c’erano sempre mosche, o insetti simili. Non era mai riuscito a osservarli da vicino, perché se provava ad avvicinarsi svanivano subito, ma assomigliavano ai famosi tafani, quelli che...

Leonardi alzò una mano a fermarlo. «Non lo sono. Non sono lo stesso tipo di insetti.»

«Ma sono un tipo diverso, giusto? Vengono sempre da Madre, ma per fare qualcosa di diverso.»

Leonardi si avvalse della facoltà di non rispondere. «Continua. Paula comunica con loro?»

«Sembra comunicare con loro. Ma cosa faccia davvero...» Hass alzò le spalle. «Dimmelo tu, se tu lo sai. Sembri sapere tutto. Sostieni di sapere sempre tutto.»

«Quegli insetti non li conosco ancora nei dettagli,» Leonardi ammise alla fine, bocca storta come se stesse masticando il più aspro dei limoni. «Ma stiamo indagando.»

«Sai cosa dovrebbero fare, ma non cosa facciano davvero, insomma. Madre ti ha detto che servono a una certa cosa, ma non sei sicuro che ti abbia detto la verità. Risparmiati pure il sospetto, allora: è una balla. Non puoi sapere cosa pensa una cosa come quella. Non puoi fidarti di quella cosa.»

Leonardi alzò le sopracciglia. «Pensi davvero che io mi fidi di qualcuno o di qualcosa? Se è così, sei tu a non avere capito nulla. Se poi pensi di conoscere le intenzioni di un pianeta perché ti ha fregato una volta, allora sei ancora più stupido di quanto sembri. Il che sarebbe difficile.»

Seguì una fase di silenzio, in cui i due si studiavano, o almeno si fissavano intensamente, con facce che suggerivano intense attività cerebrali in corso. Alla fine fu Hass a parlare. «Madre vuole che il professore svarghiano scenda sul pianeta.»

«Sì,» rispose Leonardi, l’espressione annoiata di chi sapeva di doversi sorbire adesso una serie più o meno lunga di pseudodomande, al termine della quale ci sarebbe stata chissà quale esclamazione a effetto contro la decisione che aveva preso. O qualcosa del genere. Come odiava quella paccottiglia retorica! Serviva solo a sprecare tempo.

«E poi vuole che riparta. Con un carico extra.»

Scrollò le spalle. «Mettila pure così.»

«E cosa faranno quegli insetti, una volta arrivati su Svarga?»

Ah, la sequenza si era conclusa in anticipo. Meglio così, da un certo punto di vista. «Non mi sembra che sia un nostro problema, no? Facciano quello che vogliono.»

«A me invece pare che sia un nostro problema. Cosa stanno già facendo qui da noi?»

Leonardi sospirò. L’incontro lo stava annoiando oltremisura. «Hai dimenticato il nostro accordo con Madre? Il primo, quello durante la spedizione.»

Il primo. Dunque ammetteva che ce ne fosse almeno un altro, forse anche più di uno. «Lo ricordo,» rispose Hass. «Non vedo però cosa c’entri coi suoi insetti sulla Terra.»

«Non vedi. Già. Non dubito che tu non lo capisca. Ma cosa avevamo concordato? Di offrire tutto il materiale biologico di cui avrebbe avuto bisogno. Giusto?»

«Sì, giusto,» mugugnò Hass. «E mi pare che di coloni gliene abbiamo già spediti parecchi.»

«Ma nell’accordo nessuno ha specificato che dovessero essere soltanto i coloni inviati sul pianeta. È un dettaglio che forse tu non hai notato, ma io sì. E anche Madre.»

La faccia di Hass si contrasse come per una robusta pedata in aree molto sensibili dell’anatomia di un maschio. «No, lo avevo notato. Ma pensavo che...» Si bloccò. Pensava che cosa? Aveva appena detto a Leonardi che soltanto uno stupido si sarebbe fidato di Madre, eppure lui cosa aveva fatto? E più di una volta, se proprio si voleva essere sinceri. C’era un accordo, c’erano clausole scritte e non scritte, clausole esplicite e implicite. E chissà quante altre fregature ancora. «Ma gli insetti non sono qui per prelevare, giusto? O hanno un qualche mezzo per tornare indietro, una volta prelevato?»

«No, non hanno mezzi, se non quelli normali con cui sono arrivati, e no, non sono qui per prelevare. Proprio come non andranno su Svarga per prelevare, quelli che andranno su Svarga assieme al tizio che terrà la sua ridicola conferenza su Madre.»

Hass chiuse gli occhi. Che cosa stava combinando quel vecchiaccio? Che continuasse a usare il noi, parlando dell’accordo con Madre, era estremamente fastidioso. Non c’era stato un noi nell’accordo. Non c’erano mai noi, quando una delle parti era Leonardi. Con Leonardi esistevano solo io, dove io era ovviamente Leonardi stesso. Lui aveva assistito all’accordo, ma a decidere era stato Leonardi e basta. Ciò non significava che lui non avesse la sua parte di responsabilità, Hass lo riconosceva, ma era soltanto una parte: aveva peccato di inazione, per non aver impedito l’accordo, ma non lo aveva proprio sottoscritto. Non esattamente. Non se si voleva fare i pignoli sul piano legale, insomma.

«Fammi indovinare,» disse poi. «Non sono qui per prelevare, ma per... depositare? È questo che ci toccherà adesso? Con tutto il materiale che le abbiamo spedito, Madre ha ottenuto quei risultati che voleva e adesso passerà alla seconda fase? E la seconda fase di cosa?»

«Per quanto possa sembrarti strano, e so che non mi crederai mai, non piace neppure a me,» rispose Leonardi. «Arrivati a questo punto, tuttavia, non vedo quali altre mosse ci rimangano.»

«Che cosa ha richiesto Madre?»

«Pensaci e ci arriverai anche da solo, se hai un minimo di cervello. Gli indizi non ti mancano. Come indizio ulteriore, pensa anche a Paula. Comunica con gli insetti, giusto? O così pare, mi dici tu. Non è una cosa che gli umani normalmente fanno. Non gli umani normali o sani di mente.»

Hass ci pensò. Ci pensò ancora. Nessuna delle possibili risposte gli piaceva. Peggio: nessuna delle possibili risposte era anche solo minimamente sana. In cosa li aveva trascinati quel pazzo? «Ma non può modificare persone adulte, giusto?» chiese. «Voglio dire, anche se...»

Leonardi sorrise senza allegria. «No, non gli adulti. Non modifiche di quel tipo. Ma, come dicono i moralisti davanti a ogni problema, pensa ai bambini. A quelli che nasceranno poi, intendo.»

Hass ci pensò. Poi smise di pensarci, perché era un pensiero troppo sgradevole e avrebbe richiesto una robusta e profonda disinfezione del suo cervello. «Potremmo...» cominciò.

«No, non potremmo. Madre ha già milioni di abitanti. Di ostaggi, se preferisci. È vero, non sono poi un grande problema, se proprio si vuole, ma tu lo vorresti? E soprattutto, è la strada giusta? Io non lo penso. Io penso che ci sarà qualcosa di buono al termine di questa strada. Per noi, e non solo per noi. È una grande avventura, a modo suo.»

Una grande avventura che a centodieci anni Leonardi poteva certo permettersi di affrontare. Non ci avrebbe perso molto. Non lo riguardava davvero. Gli altri, invece... Ma gli altri erano appunto altri e il discorso si chiudeva lì. C’era Leonardi e c’era tutto il resto: la grande distinzione della galassia.

«Perché hai chiesto di incontrarmi, alla fine?» chiese Hass. «Solo per informarmi di questo? Non mi pare, perché ce n’è voluta per cavartelo di bocca.»

Leonardi sorrise a modo suo. «No, non solo e non tanto per questo. Gradirei la tua collaborazione, o almeno un temporaneo armistizio. Le litigate tra fazioni sono divertenti, lo so, ma a volte è saggio accantonare le divergenze per un poco, fino a che la situazione non si sia tranquillizzata.»

«Dunque cosa vuoi?»

Leonardi glielo disse.

Tornando a casa, Hass rifletté sull’incontro col vecchiaccio. Non un bell’incontro e una riflessione ancora meno bella, se possibile. Su un solo punto si trovava d’accordo: bisognava studiare meglio e di più quel pianeta, e bisognava farlo al più presto. Cosa che Hass aveva sostenuto da sempre, anche e quasi sempre contro la volontà di Leonardi stesso, che invece voleva tenere il resto della galassia a grande distanza dal suo giocattolo privato. Adesso sembrava avere cambiato idea, ma adesso si era aggiunto anche un problema extra, che Hass non aveva considerato in precedenza: gli scienziati dei mondi coloniali, una volta entrati, non sarebbero rimasti su Madre per tutto il resto della vita. Molti avrebbero prima o poi voluto tornare a casa. Solo che, tornando a casa...

Svarga sarebbe stata la prima vittima, forse. La prima ufficiale, si corresse. Nessuno avrebbe potuto accusare la Terra di qualcosa. Sospettare sì, in molti avrebbero sospettato, ma prove? Non sarebbe stata la prima volta che forme di vita evolute su un pianeta riuscivano a raggiungerne un altro: tutti conoscevano la storia di Indra e le spore di fungo clandestine, tutti conoscevano i danni causati. E in quel caso era stato un puro incidente, il più piccolo e trascurabile dei malfunzionamenti all’impianto di filtraggio della stazione orbitale: con tutta probabilità ogni anno ne capitavano a decine ovunque. In quel caso specifico, però, una spora raccolta chissà dove era riuscita ad arrivare sul pianeta e poi aveva prosperato, contro ogni logica o almeno contro altissime probabilità.

Se qualche insetto madriano avesse raggiunto Svarga, nessuno si sarebbe sorpreso. Era un incidente, senza dubbio sgradevole ma da preventivare. Solo che non sarebbero stati insetti normali. Quanto a una possibile natura accidentale dell’evento... Hass sospirò. No, bisognava impedirlo. Ma non aveva mezzi per impedirlo. Proprio lui aveva sempre sostenuto la libera circolazione delle menti (nonché dei corpi a cui erano attaccate, beninteso). Si era espresso più volte a favore del professor Chang e il suo accesso a Madre. Adesso che Leonardi aveva accettato, non poteva certo presentarsi in pubblico e dichiarare di avere cambiato idea proprio lui. Avrebbe danneggiato la sua immagine.

La conferenza non la poteva impedire, non a questo punto, ma almeno avrebbe potuto ostacolare il trasferimento abusivo degli insetti su Svarga. Sì, così era già meglio. Avrebbe contattato di nuovo i suoi agenti all’ambasciata e avrebbe consigliato di far pervenire al governo svarghiano indicazioni e suggerimenti su come sarebbe stato saggio controllare con estrema cura le navi in arrivo da Madre, se necessario ricorrendo anche a forme estreme di sterilizzazione. Significava rafforzare le direttive che aveva dato in precedenza, e rafforzarle parecchio.

Sarebbe bastato? Forse no, a meno che non avesse premuto molto sulla paranoia innata in qualsiasi essere umano che occupi posizioni di rilievo in un governo. Meglio ancora, avrebbero aggirato gli organi civili per rivolgersi direttamente ai militari. Ne conosceva diversi e loro sì erano paranoici a sufficienza, forse anche un poco di più. E avrebbero fatto quello che bisognava fare. A Leonardi non sarebbe piaciuto, ma questo non aveva importanza. Anzi, era un gradito extra.

Sì, se ne sarebbe occupato al più presto. Poi arrivò a casa, trovò Paula davanti alla finestra, mosche o qualcosa di simile che si muovevano sul vetro e per un momento a Svarga non pensò più. Pensava invece alla conversazione con Leonardi. Stava comunicando con gli insetti? Un prodotto di Madre e altri prodotti di Madre, che comunicavano, si scambiavano informazioni? O cosa?

Sospirò. Non era certo di volerlo sapere. Non sapeva soprattutto come regolarsi con quella bambina, se il sostantivo si poteva davvero utilizzare. Pure, in un qualche modo si sarebbe dovuto regolare. E se il quadro che gli aveva presentato Leonardi era vero, allora avrebbe fatto meglio a decidere al più presto. O a non decidere affatto. In una decina di anni, potevano essere molti i bambini come lei, e a quel punto non avrebbe avuto più alcuna importanza. A quel punto si sarebbero trovati nel mezzo di qualcosa di completamente diverso, qualcosa che non riusciva neppure a immaginare. O forse sì, ci riusciva, ma era una immagine che non voleva contemplare. I pozzi di Madre a cielo aperto, i pozzi estesi a un intero pianeta. O a più pianeti. E poi?

Poi il ministro Hass chiuse gli occhi e sospirò. Non lo voleva sapere. Peggio, non voleva lasciarlo accadere. E se per impedirlo fosse stato necessario qualcosa di estremo, forse allora era meglio che il qualcosa di estremo accadesse. Considerata l’alternativa.